L’11 ottobre a Torino, attraverso un incontro di parte italiana organizzato dal ministro degli esteri Antonio Tajani, il governo di Michel Barnier ha fatto sapere che intende dare un nuovo indirizzo al trasporto sugli assi italo-francesi del Monte Bianco, Fréjus, Tenda e Ventimiglia.

È un passaggio importante, una risposta pubblica alla lettera che lo stesso ministro italiano aveva consegnato al governo francese.

Cosa si sono inventati per parlarsi

Il 19 settembre scorso, il ministro Antonio Tajani aveva consegnato un documento all’allora ministro francese uscente degli esteri, Stéphane Séjourné. La consegna era avvenuta a margine di un gruppo informale della Nato il cosiddetto Quint, e la stampa ne era stata informata.

Dei contenuti del documento si era saputo in modo assai generico che riguardava i trasporti sulla frontiera italo-francese, compresi il raddoppio del traforo del Monte Bianco e la situazione al Fréjus. Sotto questo secondo punto, si immaginava che riguardasse sia l’asse ferroviario bloccato dalla frana del 27 agosto 2023 sia quello stradale. Della seconda canna del traforo ormai collaudata e pronta da giugno scorso, non si era più sentito parlare.

Dal punto di vista politico, Tajani aveva avuto l’intelligenza di rivolgersi in modo neutrale ad un governo uscente e indirizzando quindi il documento a qualsiasi governo francese fosse in costituzione

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E’ poi arrivato il governo di Michel Barnier

È poi arrivato Michel Barnier con il suo nuovo governo. Personalità con marcata esperienza europea, è savoiardo ed è stato presidente del dipartimento della Savoia. Ha relazioni personali leader italiani nazionali ma anche regionali. In Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia ha conosciuto diversi esponenti anche da Commissario europeo per le politiche regionali e fondi di sviluppo, dal FESR ai programmi Interreg.

Dai primi atti di Michel Barnier si possono notare due nette differenze rispetto ai governi precedenti di osservanza macroniana. Governa in modo più classico “per priorità” rispetto alle “riforme” promosse dall’alto. Come primo tema ha infatti il contenimento del deficit e la manovra da 60 miliardi. In secondo luogo, è meno verticale, “regale” e accentratore, con un ritorno del ruolo degli enti regionali e locali e dei corpi intermedi.

Il suo punto di osservazione sulle infrastrutture è ovviamente diverso.

Con i governi Macron, e l’indifferenza constatata sui collegamenti italo-francesi (Monte Bianco stradale e Fréjus ferroviari chiusi, Fréjus stradale senza progressi, ferrovia a Ventimiglia vetusta, Tenda chiuso) era persino emersa in alcuni commenti l’ipotesi di una sottesa intenzione presidenziale volta a contenere in qualche misura la capacità di esportazione italiana verso la Francia, come uno dei fattori per facilitare il processo di reindustrializzazione interno.

Chi c’era a Torino e cosa si è capito

La riunione di Torino aveva una composizione interamente italiana. Vi era il ministro degli esteri, Antonio Tajani, i presidenti della Valle d’Aosta, Renzo Testolin e del Piemonte, Alberto Cirio, il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, alcuni assessori tra cui quello dei trasporti valdostano Luigi Bertschy, e i rappresentanti di corpi intermedi, come la Camera di commercio di Torino con Dario Gallina e associazioni italiane del trasporto e della logistica. Il viceministro delle infrastrutture, Edoardo Rixi, era collegato da remoto.

Il punto principale dell’evento è stato però l’ascolto del messaggio che l’ambasciatore francese a Roma, Martin Briens, ha letto in videocollegamento.

Lo scenario è dunque stato curato in dettaglio. Anziché procedere solo per scambi di lettere o conversazioni ministeriali, si è condivisa in modo pubblico e istituzionale la risposta del governo francese al documento Tajani, in una riunione organizzata dal ministro italiano degli esteri, coinvolgendo Regioni e operatori.

Riguardo ai contenuti, siamo ancora alle dichiarazioni di intenzione, ma il tema è considerato una priorità. Barnier avrebbe potuto aspettare, e invece ha risposto in un contesto a dir poco infuocato.

La mozione di sfiducia delle sinistre è stata da poco rigettata. Siamo nel mezzo di una manovra economica da 60 miliardi preparata in 15 giorni. Che sia arrivata una risposta sulle infrastrutture pur in questi frangenti è peraltro un indicatore anche della personalità e dello stile di Barnier.

La risposta “pubblica” di Barnier al messaggio di Tajani è dunque: abbiamo capito, vogliamo che sappiate, in Italia, ma anche in casa nostra, che ci sarà un cambiamento anche sulle infrastrutture tra Italia e Francia.

Dall’insieme della riunione di Torino, è emerso che si potrà parlare di raddoppio del traforo del Monte Bianco, e che vi sono luci accese sul mancato esercizio della seconda canna del Fréjus, sulla sorveglianza di apertura del Tenda, sui lavori alla frana in Maurienne che ha bloccato la ferrovia tra Piemonte e Savoia, sull’asse ferroviario tra Liguria e Costa Azzurra.

I segnali a margine

A margine, vi sono altri fatti che confortano il nuovo contesto. Al Tenda, dopo un periodo di silenzio, vi è stato un sopralluogo il 27 settembre e poi una riunione di monitoraggio il 30 settembre sulla parte italiana.

Una visita del cantiere con i rappresentanti locali si è tenuto sul versante francese il 3 ottobre. Era presente anche l’ambasciatore italiano per la cooperazione frontaliera Andrea Cavallari, invitato dal suo omologo francese, Philippe Voiry. Poi, in riunione a Torino, è stata evocato anche il Comitato frontaliero italo-francese del Trattato del Quirinale. La prossima riunione dovrebbe tenersi a Nizza.

Il presidente della Valle d’Aosta, Renzo Testolin, ha detto di aver ricevuto analoghi e informali segnali nel suo breve incontro con il ministro degli esteri francese Jean-Noël Barrot, a Parigi, in occasione del vertice della francofonia, il 4 ottobre scorso. Un operatore ha fatto sapere che i suoi treni fanno 700 chilometri in più a causa della chiusura della linea ferroviaria del Fréjus: informazioni che nessuno finora rilanciava.

È riemersa in questi giorni, e in parallelo sui giornali oltre che in campagna elettorale regionale ligure, anche la questione del raddoppio della ferrovia e del suo spostamento tra Finale e Andora. Era un tema del tutto assente nel dimissionario governo ligure di Giovanni Toti, concentrato sullo sviluppo del turismo del lusso. Insieme al valico ferroviario di Ventimiglia, l’asse è incapace di assorbire traffico merci e passeggeri sul piano transfrontaliero, a favore del traporto su gomma e su valichi a pedaggio in tunnel da chiudere e ristrutturare.

Persino per i lavori sulla frana della Maurienne, oltre alla annunciata data di marzo 2025 per la riapertura dopo il rinvio da dicembre 2024, si accenna tra esperti a un possibile bypass, o linea ferrata di backup in caso di nuovi problemi, che aggiri temporaneamente su rotaia il pur breve tratto interrotto.

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Direttore di Nos Alpes, giornalista. Ha collaborato in tempi diversi con varie riviste e giornali, da Il Mulino a Limes, da Formiche a Start Magazine.

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