Racconto in quattro parti di Jacques Martinet. Qui si parla del “capitano” Napoleone, della salita da Bourg-Saint-Pierre e del Gran San Bernardo


Il villaggio di Bourg-Saint-Pierre è ancora scosso dal passaggio de l’Armée de Réserve francese. Non sono molti i giorni trascorsi da quando quell’esercito composto da 50.000 soldati, 5000 cavalli, 500 bovini, 40 cannoni e 6 obici ha attraversato il piccolo borgo per prepararsi a superare il Colle del Gran San Bernardo. In poco più di una settimana, con un numero di cinque mila soldati al giorno l’Armée passa dal borgo per giungere al colle. Non c’è abitante che non abbia aiutato e scambiato qualche parola con i soldati, non c’è dimora che non abbia subito il loro passaggio venendo privata di coperte, viveri e numerose bottiglie di vino.

Non tutti però hanno già attraversato il colle per iniziare la seconda campagna d’Italia. Un illustre drappello di 20 uomini composto da generali, il consigliere di Stato Jacques Defermon, il Primo Console di Francia e il suo segretario Louis Antoine Fauvelet de Bourrienne vengono accolti con ospitalità e devozione. Dopo aver riposato, all’alba del 20 maggio, si mettono in marcia per attraversare il colle.

Il tempo si abbatte con la stessa ferocia dei soldati su Bourg-Saint-Pierre, le strade sono ormai un misto di neve e fango dopo il passaggio di tanti piedi, zampe, e dalle tonnellate di ferro e piombo dei cannoni trascinati. La neve cala senza sosta e il vento soffia prepotente ma l’ultima nobile parte dell’Armée si mette in marcia, nonostante la bufera.

Ad attenderli alla fine del piccolo borgo, dove la strada inizia timidamente a salire e a diventare stretta e impervia c’è la loro guida, con al guinzaglio un grosso mulo. Pierre Nicolas Dorsaz è la guida più esperta del piccolo comune del Vallese, è lui ad avere il prestigioso compito di scortare l’ultima parte dell’esercito francese ma lui di guerre ed eserciti ne sa ben poco, anzi proprio nulla. È stato obbligato per punizione a scortare la parte più importante dell’esercito dell’Armèe poiché ha nascosto ai soldati i pochi viveri che possiede e persino le sue bestie.

Quando vede arrivare i 20 soldati intuisce, dall’atteggiamento che gli riservano gli altri, che uno di loro dev’essere il più importante. “Sarà lui il capitano”, pensa Pierre.

– Chi è che sale sul mulo? Ruggisce la guida.

Un giovane uomo si fa avanti. Il primo Console di Francia è di bassa statura, dal volto glabro e severo, con un grosso cappello nero a mezzaluna ad accentuarne la figura, distinguendola da tutti gli altri. Senza commentare sale con agilità sulla groppa del mulo. L’animale è inquieto e inizia ad agitarsi ma Pierre sferra con le sue possenti e rovinate mani un pugno proprio sul muso dell’animale e questo si tranquillizza.

– Capitano questo mulo qua è un po’ come il tempo di oggi.

L’uomo sul mulo è sbilanciato ma cerca di mostrarsi solenne, si regge al collo dell’animale e non guarda nemmeno in faccia la sua guida. Bourienne, il segretario del Console, chiede a Pierre di sbrigarsi, di non fare tante chiacchiere, e gli ricorda con tono audace che quello appena salito sul mulo non è un capitano, ma il Primo Console di Francia.

Si addentrano nel Colle del Gran San Bernardo e la neve aumenta, il freddo è glaciale e il vento soffia incessante. La fatica si impadronisce di tutti gli uomini ma non del mulo che avanza a testa bassa con il “capitano” in groppa mentre Pierre lo tiene al guinzaglio.

Pierre conosce bene quelle strade, riuscirebbe a orientarsi anche a occhi chiusi e la tempesta non lo spaventa né tantomeno la fatica ma vede i francesi provati e chiede all’uomo se vogliono fermarsi, ma questo non risponde. Continuano la loro marcia e il tempo peggiora. La pendenza è vertiginosa e la strada rovinata dal passaggio dell’esercito.

Si avverte un suono sordo, lontano. La guida istintivamente alza lo sguardo. Un istante dopo, un boato squarcia l’aria: è una valanga, la neve si stacca dal pendio e precipita giù, sollevando una nuvola bianca. Il mulo sussulta, si sbilancia pericolosamente verso il precipizio.

L’uomo in groppa vacilla, sta per cadere. Pierre non esita: strattona il guinzaglio con forza, riportando l’animale in carreggiata.

– Grazie.

– Non abbiate paura Capitano, volevo dire… non ricordo come devo chiamarla chiedo scusa.

– Comandante! State bene? Fermiamoci la bufera è troppo forte non potete rischiare la vita. Dice Bourienne avvicinandosi al Console.

L’uomo alza un braccio e tutti si fermano, anche il mulo. Scende dalla groppa dell’animale e acconsente alla pausa, poi si avvicina alla sua guida.

– Come fate a orientarvi?

– È il mio lavoro Capitano io sono una guida, mi pagano una miseria, però mi piace. E a voi piace fare la guerra?

L’uomo ammicca un sorriso.

– A me piace vincere le guerre, non combatterle.

– Non avrete problemi a vincere con tutti quei soldati e quell’arsenale.

– I problemi ci sono sempre, non abbiamo delle carte geografiche attendibili, per questo lei è qui con noi. Dobbiamo attraversare velocemente la stretta valle e arrivare nella pianura dove avendo campo aperto potremmo fronteggiare meglio gli austriaci e riprendere quello che già abbiamo conquistato. Li coglieremo alle spalle, siamo più numerosi ma dobbiamo essere rapidi e silenziosi.

Quello che Pierre chiama “capitano” si rivolge più a se stesso che a lui che nemmeno capisce a fondo il suo discorso.

– Sapete il fatto vostro capitano e io so il mio su questi sentieri, saremo rapidi.

LEGGI TUTTE LE PARTI DEL RACCONTO SU NAPOLEONE

LEGGI ANCHE: JOSEPH-ALPHONSE FARINET RACCONTATO DA JACQUES MARTINET

Ha studiato al Dams a Torino e poi all’Alma Mater a Bologna. Nel 2022 un tirocinio lo ha portato a Roma, a lavorare inizialmente nella produzione della serie Suburræterna e poi in altre produzioni cinematografiche. Appassionato di letteratura e sceneggiatura ha pubblicato il suo primo racconto sul sito Racconti nella rete dell'associazione LuccAutori.

Exit mobile version