Un incontro sulla cooperazione sanitaria transfrontaliera italo-francese, incentrato su uno dei progetti esistenti, Interreg ProSatif Go tra Piemonte e Briançon si è tenuto ieri, 5 marzo a Courmayeur in Valle d’Aosta, sullo Skyway.

Si era partiti piuttosto male, con la diffusione di un programma fatto di interventi solo italiani. Erano poi stati aggiunti dei puntelli, anche solidi.

C’è stata la partecipazione in video call di due funzionari della Commissione europea, Giulio Gallo della DG Santé e Valeria Cenacchi della DG Regio, ci sono stati laboratori sulla risoluzione degli ostacoli transfrontalieri dell’iniziativa AlcoTraité e le presentazioni degli altri progetti in ambito sanitario transfrontaliero. Si tratta di PREVEDI tra ASL1 di Imperia e Nizza, di Fridha tra Valle d’Aosta e Sallanches, di MyHealthfriend tra due Aziende sanitarie di Cuneo e il Centre hospitalier universitaire (CHU) di Nizza.

Poi, con una decisione un po’ all’ultimo momento, si è presentata Marion Lopez per la direzione dell’ospedale di Briançon insieme al (da poco) direttore del Groupement Hospitalier de Territoire Alpes du Sud (GHT AS) Nicolas Razoux. Vi erano anche la deputata delle Hautes-Alpes Valérie Rossi e la consigliera della Région Sud Provence Alpes Cote d’Azur Laurence Boetti-Forestier, con medici, responsabili di progetto e funzionari.

L’incontro transfrontaliero ha così superato le preoccupazioni iniziali e permesso di capire, almeno in parte, a che punto siamo e dove andiamo.

Valérie Rossi, deputata all’Assemblée Nationale e

Al centro la cooperazione tra Briançon e Susa, ma ci vuole un accordo italo-francese

Che la cooperazione italo-francese non andasse bene tra Susa e Briançon era emerso nell’intervento della deputata Valérie Rossi al Comitato frontaliero del Trattato del Quirinale che si era tenuto a Nizza il 7 febbraio.

A Courmayeur, poi, anche per le presenze politiche e per le esperienze nelle altre cooperazioni sanitarie – sia tra Liguria e Nizza sia tra Valle d’Aosta e Alta Savoia– si è capito che il tema va affrontato per tutta la frontiera italo-francese.

In effetti, l’incontro ha avuto il suo momento di maggiore interesse nella relazione dei due professori dell’Università di Torino incaricati di esaminare la questione giuridica, Michele Graziadei e Giovanni Boggero.

Posto che le norme europee offrono spazi di manovra limitati, e che la direttiva del 2011 (la n.24) nel suo recepimento italiano ha vincoli ancora più stretti che nel recepimento francese, occorre davvero un accordo bilaterale, come in altre frontiere interne dell’Unione. Tra l’altro, la Francia ha stretto accordi in materia sanitaria con tutti i suoi vicini, tranne che con l’Italia.

Non bisogna inventarsi nulla, hanno detto Graziadei e Boggero, ci sono testi e accordi già sperimentati e da anni in esercizio.  Si tratta poi di un accordo quadro, che non contiene ancora gli aspetti tecnici e quelli finanziari, che andranno regolati invece con accordi locali, per esempio tra gli ospedali.

Per giungere a questo accordo bilaterale è utile che le regioni italiane, Valle d’Aosta, Piemonte e Liguria, lo chiedano all’amministrazione centrale, che peraltro già nel 2005 aveva ricevuto una proposta francese.

Hanno infine spiegato che occorrono almeno due anni perché il procedimento si completi, ed è tempo che potrà essere utile per gli accordi tecnici e finanziari locali, e per eventuali sperimentazioni, come quelle già in corso nei vari progetti.

Non ci sono ostacoli giuridici

In altri termini, si è inteso che non ci si può nascondere dietro presunti ostacoli giuridici, che non esistono, almeno seguendo i percorsi già consolidati in Europa.

Ne ha dato conferma e visibilità Valeria Cenacchi, della DG Regio della Commissione europea, con molti esempi tra i 27 Paesi e casi di ospedali frontalieri condivisi. Giulio Gallo per la DG Santé ha poi ricordato l’utile ma limitato perimetro dell’intervento europeo, come la prescrizione (la ricetta) riconosciuta nei Paesi membri, la carta TEAM con cui accedere al pronto soccorso, la cooperazione sulle malattie rare.

D’altra parte, un accordo è ormai necessario. Nel progetto Fridha tra Valle d’Aosta e ospedale di Sallanches, e negli scambi tra Liguria e Nizza, si fatica nell’acquisizione dei servizi per i pazienti. Rimane per esempio a loro carico sia il peso amministrativo della richiesta di autorizzazione, e sul piano economico devono pagare la differenza di costo tra la prestazione in Italia e quella in Francia, senza realmente saperne il valore a monte.

I pazienti transfrontalieri sono pochi, perché è difficile accedere alle cure

Attualmente, come spiegava Giovanna Perino per l’istituto di ricerca della Regione Piemonte, IRES, i pazienti transfrontalieri tra Piemonte e Briançon sono residuali, 374 ricoveri nel 2023 e 181 nel 2024: segno che è difficile farsi curare oltre frontiera tra Italia e Francia.

Eppure il bisogno c’è: anche per i residenti italiani che lavorano e sono domiciliati a Briançon – faceva notare Marion Lopez per la struttura ospedaliera della città. E poi ci sono gli expat francesi che vivono e lavorano a Torino, ci sono prestazioni sanitarie che possono essere complementari tra le aree frontaliere, come si era visto all’epoca delle Olimpiadi invernali di Torino 2006 e poi nel progetto ProSanté sempre tra Briançon e Susa.

Anzi, se davvero occorrono due anni per un accordo bilaterale, bisognerà comunque già da ora rispondere a questi bisogni sanitari, ha ricordato Lopez.

Parlare chiaro di costi e di organizzazione

La maggiore resistenza è parsa nell’intervento di Giovanni La Valle, responsabile dell’ASL TO3, che copre i territori di Susa e Pinerolo. Ha sottolineato che i cittadini devo essere informati per non creare false aspettative. Anche l’assessore del Piemonte per lo sviluppo della montagna, Marco Gallo, non ha fatto grandi concessioni.  L’assessore piemontese alla salute, Federico Riboldi, era poi assente, in Albania a cercare infermieri e personale sanitario, per colmare le carenze che riscontra la sua regione ma a cui è esposta tutta la sanità italiana.

D’altra parte, al convegno è proprio emersa la consapevolezza che almeno su due temi bisogna parlarsi.

Il primo è quello dei costi: le prestazioni sanitarie sono fornite con importi differenti sui due versanti della frontiera, il Piemonte teme di perdere pazienti e di rimetterci denaro.

L’aspetto finanziario è cruciale nella cooperazione sanitaria transfrontaliera, e già stato sperimentato in altre frontiere interne europee. Il tema è stato gestito con successo per esempio tra Belgio e Francia, che ha “zone condivise” in cui si prestano servizi sanitari, ma con forti difficoltà tra Belgio e Germania, in cui i pazienti migravano ad Aquisgrana.


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Enrico Oliva, dell’ASL1 di Imperia, ha sottolineato come non esista un mercato unico europeo della sanità. Un’azienda sanitaria italiana non può vedere accreditato un fornitore di un paese vicino, come il Centre Hospitalier Universitaire di Nizza. Se si potesse, e se fosse previsto nel futuro accordo bilaterale, un’Azienda sanitaria italiana potrebbe invitare un soggetto francese in una normale gara o trattativa. I prezzi offerti cambierebbero, e si andrebbe verso una progressiva armonizzazione dell’offerta sui due lati della frontaliera, per qualità, livello tecnologico e costo.

Sistemi universalistico e mutualistico

Inoltre, sul piano organizzativo, si è capito che serve maggiore conoscenza reciproca: in Italia c’è un sistema universalistico, e il paziente non vede i costi delle prestazioni, mentre in Francia c’è un sistema mutualistico, con assicurazioni e rimborsi.

Un paziente che dall’Italia va in Francia, se poco informato, si attende che le prestazioni siano erogate gratuitamente, e invece alla fine trova uno sportello con la fattura e il POS per la carta di credito. Ugualmente, presso un servizio ospedaliero italiano, se un paziente francese arriva e ottiene una prestazione superiore al semplice pronto soccorso, si rischia comunque a non farlo pagare, equiparandolo a un paziente italiano.

Il progetto Interreg Pro-Satif-GO, presentato da Marta Alesina, contribuisce solo in parte a questa conoscenza.

Si va verso un accordo bilaterale?

Ospitato in Valle d’Aosta, pareva che l’incontro fosse anche un percorso di costruzione di una posizione comune delle Regioni italiane. Il garbo e i contenuti degli interventi degli assessori valdostani Luciano Caveri (politiche europee) e Carlo Marzi (salute), così come la stessa forma dell’incontro – con la parola data a tutti, a costo di riempire troppo la giornata – lo hanno dimostrato. Anche i contributi da parte ligure, per esempio di Elena Comello – che parlava di AlcoTraité e di sanità, indicavano il percorso è possibile.

L’assessore Marzi, ripreso da ANSA, ha detto di aver già proposto a Liguria e Piemonte di comunicare ai ministeri nazionali l’interesse a un accordo bilaterale italo-francese.

Certamente, l’esistenza del Trattato del Quirinale offre un buon contesto per la cooperazione, anche in ambito sanitario.

La frontiera italo-francese è in ritardo rispetto ad altre europee. Gli ambasciatori Andrea Cavallari e Philippe Voiry – che si occupano del Trattato per i due ministeri degli Esteri – erano in Corsica, ma avevano fatto sapere della loro attenzione.

Il Trattato del Quirinale già annunciava un accordo bilaterale in materia sanitaria

Il livello politico a Courmayeur era alto anche per parte francese. La deputata Valérie Rossi che era arrivata di persona, tra riunioni parlamentari a Parigi e incontri nella Hautes Alpes, con un intervento pacato e motivato. Laurence Boetti-Forestier, per il Consiglio regionale della Région Sud ha fatto anche lei un lungo viaggio, e ha ricordato il flusso di lavoratori frontalieri sulla riviera italo-francese, con i relativi bisogni sanitari.

Il Trattato italo-francese del Quirinale offre poi un contesto solido in cui inserire questo percorso. La cooperazione sanitaria figura sia nell’articolo 10 dedicato alla cooperazione frontaliera, anche con la “creazione di servizi comuni” sia nell’articolo 5, sulla cooperazione economica, industriale e digitale.

Il Programma di lavoro del Trattato, inoltre, parla esplicitamente di avviare un “accordo transfrontaliero sulla cooperazione tra istituzioni sanitarie”.

Bisognerà quindi vedere, dopo gli ultimi dialoghi e riflessioni, se ci saranno quindi le proposte delle Regioni per un Accordo bilaterale in materia sanitaria, oppure se a termine saranno direttamente le due amministrazioni centrali a proporlo e prevederlo.

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Direttore di Nos Alpes, giornalista. Ha collaborato in tempi diversi con varie riviste e giornali, da Il Mulino a Limes, da Formiche a Start Magazine.

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