A Sauze di Cesana e San Sicario, in Valle di Susa, giovedì 29 maggio si celebra il ricordo della nascita degli Escartons, un’occasione valorizzare la lingua e le tradizioni occitane e la storia peculiare di questi luoghi.
La Grande Charte, documento che venne sottoscritto da Umberto II il 29 maggio 1343, garantì l’autonomia e l’autogoverno di cinque comunità montane, dando origine alla così detta République des Escartons. Le comunità delle Alpi occidentali, unite da secoli di collaborazione e dalla stessa lingua, l’occitano, iniziarono un’esperienza unica di autogestione che perdurò fino al Trattato di Utrecht del 1713 che, con la spartizione dei territori tra i Savoia e il Regno di Francia, segnò l’inizio della progressiva erosione delle libertà riconosciute alle popolazioni alpine e anche della loro ricchezza.
La Grande Charte il 29 maggio 1343
Il 29 maggio 1343 gli abitanti delle comunità alpine del brianzonese, organizzatesi per difendere i loro interessi, riscattarono le libertà e i diritti feudali, con il versamento di 12000 fiorini a Umberto II Delfino e conte d’Albon, signore di queste terre. Divennero così, franchi borghesi, cioè abitanti di borghi affrancati dalle servitù della gleba. La Grande Charte des libertés briançonnaises garantiva agli abitanti delle valli alpine libertà fiscali e amministrative in cambio della loro fedeltà al Delfino del Viennois.
La nascita dei cinque Escartons
La regione tra i due versanti delle Alpi Cozie, per secoli al centro di ambizioni politiche e trattative, costituiva un sistema coeso e solidale all’interno della regione del Delfinato. La Grande Charte la delimitò in cinque Escartons, con capitale Briançon:
- Escarton del Briançonnais: che comprendeva le comunità delle Vallée de la Clarée, Vallée de la Guisane, Vallée de la Cerveyrette, Vallée Supérieure de la Durance e Vallouise
- Escarton del Queyras: raggruppava Arvieux, Château-Queyras, Molines-en-Queyras, Saint-Véran, Aiguilles, Abriès, Ristolas
- Escarton d’Oulx: comprendeva gli attuali Comuni di Bardonecchia, Oulx, Sauze d’Oulx, Salbertrand, Cesana Torinese, Claviere, Sestriere
- Escarton di Pragelato: con gli attuali Comuni di Roure, Fenestrelle, Usseaux, Pragelato
- Escarton di Casteldelfino: con gli attuali Comuni di Castel Delfino, Bellino, Ponte-Chianale
Le vicende del Delfinato
Guigues IV d’Albon, fu il primo a fregiarsi del titolo di “Delfino” nel 1133. Alla sua morte, il titolo passò in eredità per dieci generazioni, fino al 1349, quando Umberto II lo cedette al re Filippo VI di Francia, insieme al titolo nobiliare, sei anni dopo la firma della Grande Charte. Il titolo di Delfino passò così al primogenito del re di Francia, diventando sinonimo di erede al trono.
Le autonomie degli Escartons
Quella che, per le sue peculiarità, venne chiamata successivamente la République des Escartons, definita una “nazione in scala ridotta” dallo storico Fernand Braudel, era caratterizzata da un’economia agro-pastorale basata sulla produzione e il commercio di latticini, dall’emigrazione stagionale verso la pianura e da un livello di istruzione superiore alla media. La vita comunitaria era regolata da istituzioni collettive. Ogni Escarton si autogestiva e ciascuno possedeva un proprio statuto, un proprio regolamento e, pur riferendosi alle leggi del Delfinato prima e della Corona di Francia poi, manteneva una significativa autonomia, in particolare in ambito tributario. Gli accordi siglati con La Grande Charte permettevano alle comunità di eleggere Sindaci, gestire beni comuni e godere di diritti fino ad allora riservati ai feudatari, come la trasmissione ereditaria delle proprietà e la possibilità di effettuare transazioni senza l’approvazione dei signori.
Gli abitanti dell’Escarton divenuti uomini liberi, una condizione non affatto comune per l’epoca, potevano, perciò, possedere le loro terre e le loro case e, cosa straordinaria, anche le donne capofamiglia godevano degli stessi diritti.
Il trattato di Utrecht del 1713 e la fine delle libertà
L’autonomia delle comunità transalpine, legate tra loro da rapporti culturali, linguistici ed economici, perdurò fino al Trattato di Utrecht del 1713 il quale, stabilendo il nuovo confine lungo la linea di displuvio delle Alpi, pose fine agli Escartons, privandoli della loro unità geografica, economica e politica. Il Monginevro divenne una frontiera e Briançon una piazzaforte militare. La prosperità commerciale della regione declinò, colpita da guerre, carestie ed epidemie, e il cambiamento segnò la progressiva erosione delle libertà e dei diritti garantiti dal 1343.
Rimase in comune ai territori, fino metà del XX secolo, oltre all’eredità culturale, la lingua, l’occitano, che per secoli è stata di uso quotidiano contribuendo a mantenere un’identità condivisa, nonostante i decenni di svilimento delle culture linguistiche minoritarie avvenuto in questo zone.
Un altro futuro per le comunità alpine, mai scritto
La progressiva centralizzazione degli Stati ha reso anacronistica l’autonomia degli Escartons. In Italia, per esempio, se si fosse seguito l’esempio dei Cantoni svizzeri, integrando in un modello rispettoso delle libertà locali, come delineato da alcuni intellettuali ed esponenti piemontesi e valdostani nella Carta di Chivasso scritta nel 1943, 600 anni dopo la Grande Charte, si sarebbe potuto scrivere un’altra storia per le Alpi Occidentali, ma ciò non avvenne.
Il Paradosso Alpino e gli alti livelli di istruzione delle zone alpine tra Francia e Italia
A indicare una peculiarità di queste zone è quello che gli antropologi definiscono “paradosso alpino”, ovvero un fenomeno per cui, dal basso Medioevo, le comunità di alta montagna tra Francia e Italia presentavano un livello di istruzione e apertura culturale superiore a quello delle aree di pianura. Nelle comunità escartonesi, nove abitanti su dieci sapevano leggere, scrivere e fare calcoli matematici.
La professione più diffusa era quella dell’insegnante a domicilio, dal livello base, per leggere e scrivere, a quello avanzato, per filosofia, arte e lingue. Questa tradizione educativa proseguì fino al secondo dopoguerra, fino ad allora le Alte Valli piemontesi continuarono a fornire insegnanti alla neonata Repubblica italiana.
Commemorazione della Grande Charte a San Sicario e Sauze di Cesana
La memoria della Grande Charte viene celebrata tra le montagne dell’Alta Valle di Susa, giovedì 29 maggio, in un evento promosso su iniziativa popolare con il sostegno di alcune associazioni locali che unisce il ricordo storico alla valorizzazione della lingua e della cultura occitana.
Il programma inizia con una passeggiata simbolica da San Sicario Borgo a Sauze di Cesana, che rievoca i percorsi e le relazioni che univano le comunità alpine. Nei pressi della chiesa di San Restituto a Sauze di Cesana, un momento di preghiera ecumenica in lingua occitana ricorda e testimonia le radici spirituali e culturali queste valli.
Conclude, presso Casa ViVa, lo spazio offerto dal Comune alle associazioni, un incontro conviviale nell’ambito di Tournâ a menâ la bartavèllë (“ritornare a menare la chiacchiera”), la rassegna dedicata alla promozione e alla pratica della lingua d’Oc in Alta Valle di Susa, promossa da Chambra d’Oc aperta ai patoisant e a tutti gli appassionati della lingua e della cultura occitana.
In un’epoca in cui gli esiti delle politiche post-belliche su entrambi i versanti delle Alpi hanno profondamente compromesso la trasmissione della lingua e il senso di appartenenza a una cultura millenaria, questa giornata vuole vivificare i legami tra le comunità delle valli transalpine e dare forza alla lingua e cultura dei trobadori mantenendone non solo la memoria ma l’uso che la rende viva.
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