Fotografia, Parigi, mostra Brassaï: al Centro Saint-Bénin di Aosta si inaugura il 18 luglio 2025 una retrospettiva sul grande fotografo.
Curata da Philippe Ribeyrolles, la mostra ripercorre l’opera di Brassaï con oltre 150 stampe originali e materiali d’archivio, restituendo il ritratto di una Parigi notturna e umana che ha segnato la storia della fotografia del Novecento.
La Parigi così particolare degli anni Trenta
La mostra Brassaï. L’occhio di Parigi apre al pubblico venerdì 18 luglio 2025 alle ore 18 al Centro Saint-Bénin di Aosta. Si tratta di una retrospettiva inedita sull’opera di Gyula Halász, noto con lo pseudonimo Brassaï (dal nome della città natale di Brașov, in magiaro Brassò) uno dei grandi protagonisti della fotografia del XX secolo. Il percorso espositivo, curato da Philippe Ribeyrolles – studioso, archivista e nipote del fotografo – presenta più di 150 stampe d’epoca, oltre a sculture, oggetti personali e documenti inediti provenienti dall’atelier dell’artista.
L’obiettivo è restituire uno sguardo d’insieme sull’opera di Brassaï, con particolare attenzione alla Parigi notturna, al rapporto con gli ambienti artistici e alla dimensione sperimentale della sua fotografia.
Fotografia umanista e visione notturna
Brassaï ha saputo catturare come pochi l’atmosfera della Parigi tra le due guerre, trasformando il buio urbano in paesaggio visivo.
Con la pubblicazione del volume Paris de nuit nel 1933, introduce un linguaggio fotografico nuovo: lunghi tempi di esposizione, luci artificiali e ombre profonde trasformano la città in uno spazio onirico e sospeso. Le sue immagini, spesso prive di figure umane o popolate da lavoratori, prostitute e clochard, incarnano lo sguardo di un’epoca e la sensibilità di un autore vicino al surrealismo ma mai del tutto partecipe.
E’ un percorso che continua: Edward Steichen lo invita nel 1956 a esporre al MoMA di New York con Language of the Wall, una mostra interamente dedicata ai graffiti di Parigi. In seguito, Brassaï collabora a lungo con Harper’s Bazaar, fotografando i protagonisti della scena culturale francese.
Curatori e catalogo
Oltre a Philippe Ribeyrolles, la mostra è curata da Daria Jorioz – della Regione autonoma Valle d’Aosta – insieme a Silvia Paoli, storica della fotografia, conservatrice presso il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo, e Annick Lionel-Marie, già direttrice del Musée Maillol di Parigi. La curatela congiunta, tra Italia e Francia, ha permesso di sviluppare un percorso critico articolato, che intreccia biografia, contesto storico e analisi formale delle immagini.
La mostra è accompagnata da un catalogo bilingue italiano-francese. Il volume propone saggi dei quattro curatori, documenti storici, riproduzioni delle fotografie esposte e apparati critici che restituiscono la complessità del lavoro di Brassaï, mettendo in luce tanto gli aspetti iconici quanto quelli meno noti della sua produzione.
Una storia personale in Francia
Nato nel 1899 a Brașov, all’epoca parte dell’Impero austro-ungarico (appunto Brassò), Brassaï si trasferisce a Parigi da bambino (il papà insegnava alla Sorbona) e vi torna stabilmente negli anni Venti dopo un periodo a Berlino. Nella capitale francese si forma artisticamente e frequenta il quartiere di Montparnasse, dove stringe amicizie con Jacques Prévert, Henry Miller, André Kertész, e numerosi artisti tra cui Picasso, Dalí, Matisse e Giacometti.
Durante l’occupazione nazista si rifugia nel sud della Francia, per poi riprendere l’attività fotografica nel dopoguerra, accanto alla scultura, al disegno e alla scrittura. Brassaï muore nel 1984 a Èze, poco dopo aver completato un libro su Marcel Proust. È sepolto nel cimitero di Montparnasse, nella città che ha raccontato per mezzo secolo.
La fotografia per leggere il mondo contemporaneo
Come ha dichiarato l’assessore ai Beni e alle attività culturali Jean-Pierre Guichardaz, le mostre ospitate in Valle d’Aosta sono parte di un progetto culturale e formativo di lungo periodo, per stimolare conoscenza e pensiero critico con il contatto diretto con opere capaci di comunicare.
L’allestimento si inserisce in un programma di valorizzazione della fotografia come strumento di lettura del mondo contemporaneo, in dialogo con la memoria e il patrimonio europeo. Diverse mostre sulla fotografia sono state finora allestite al Saint-Bénin, l’ultima dedicata Inge Morath.
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