Caterina Pizzato rievoca l’evoluzione del treno reale dei Savoia, dal Regno di Sardegna attraverso l’unità d’Italia e fino al fascismo e poi alla Repubblica. Ripercorre così le epoche guardando ai cambiamenti di stile e di importanza attribuita al treno rispetto alla monarchia, per ritrovare infine un mezzo utile per il trasporto alla Presidenza della Repubblica dopo il 1946.


Il primo Convoglio Reale dei Savoia all’epoca del Regno di Sardegna, fu realizzato a mano nel 1853 dall’ebanista piemontese Gabriele Capello detto il Moncalvo, era composto da cinque carrozze lignee a tre assi finemente decorate: quella del Re presentava esternamente fregi di bronzo su fondo rosso con simbologie araldiche, riferimenti a Casa Savoia e le iniziali del sovrano.

La prima apparizione ufficiale del Treno Reale avvenne in occasione dell’inaugurazione della strada ferrata Torino – Genova il 20 febbraio 1854.

Nel 1858 venne aggiunta una carrozza-salone dotata di sala, camera da letto per una persona di servizio e toilette, mentre nel 1860 si passò a sette vetture con la presenza delle due carrozze-salone realizzate dalla carrozzeria milanese Cesare Sala. Le boccole degli assi, volute da Re Vittorio Emanuele II, erano a forma di testa leonina.

Un nuovo treno per il Re d’Italia

Tra il 1864 e il 1866 venne costruito il secondo Convoglio Reale dalle Officine Klett & C. di Norimberga, su commissione della Società delle Strade Ferrate Romane, composto da otto carrozze a due assi e un vagone servizi che accoglieva la caldaia a vapore per il riscaldamento. Nel 1884 la S.F.A.I. – Società delle Strade Ferrate dell’Alta Italia – presentò all’Esposizione Generale Italiana di Torino la splendida carrozza-salone a carrelli, prodotta dalle Officine di Torino Porta Nuova, destinata ai viaggi del futuro Re Vittorio Emanuele III.

Nel 1891 sempre la Klett & C. costruì il terzo Treno Reale, su un progetto dell’ingegnere Enrico Riva, composto da nove carrozze intercomunicanti a mezzo di mantici a soffietto e due vagoni bagaglio posti alle estremità con funzione di carri-scudo in caso di incidente.

Il nuovo convoglio – realizzato in legno pregiato e cuoio, verniciato con il tradizionale colore blu notte con filetti in oro zecchino – era fornito di cucina, sala da pranzo e sala riunioni, oltre alle vetture personali dei sovrani Umberto I e Margherita di Savoia e del Principe di Napoli .

Salone della carrozza reale italiana, 1898 (c) Public Domain Wikimedia Commons

Quando i Re giungevano ad Aosta

Quando i Re giungevano alla stazione di Aosta, le carrozze del Treno Reale venivano ricoverate nell’apposito edificio chiamato Rimessa Reale, sito in fondo allo scalo di fronte alla Torre di Bramafam. Il primo esponente di Casa Savoia ad arrivare in Valle d’Aosta in treno fu la Regina Margherita nel 1886 assieme al figlio Vittorio Emanuele.

« Le 6 août, S. M. la Reine, partie le matin de Monza, était reçue par MM, le Sous-Préfet, le Syndic, le Commandant de la garnison et les autorités judiciaires, à la gare d’Aoste. Le manifeste qui suit en avait avisé, quelques heures auparavant, la population d’Aoste:

CONCITOYENS ! Notre Vallée va revoir, cette année aussi, les hôtes illustres et bien aimés qu’elle a été si heureuse et si fière de posséder l’année passée. S. M. la Reine, accompagnée de son Auguste fils S. A. R. le Prince de Naples, passera pour notre ville aujourd’hui, vers les 4 heures, se rendant à Courmayeur.

CONCITOYENS ! Accourez nombreux sur leur passage; pavoisez vos habitations. Qu’ils soient les bienvenus, ces hôtes désirés! Puissent les beautés de nos montagnes et l’amour cordial de notre population les retenir longtemps et leur faire trouver trop court le séjour qu’ils auront fait dans notre pays. Vive la Reine! Vive le Prince de Naples!

Le Syndic: BERGUET »

Un treno staffetta per aprire la strada

A partire dal 1885 la circolazione del Treno Reale venne normata dal Regolamento per i regimi speciali di sicurezza della S.F.M. – Società delle Strade Ferrate Meridionali. Esso era preceduto di regola da una locomotiva staffetta isolata nella quale oltre al macchinista, al fuochista, al Capo deposito e all’agente della manutenzione trovavano posto l’Ispettore di riparto e il Conduttore incaricato di segnalare eventuali anomalie al Treno Reale che viaggiava a quindici minuti di distanza.

Entrambi venivano considerati “Treni Speciali” e i convogli susseguenti non potevano viaggiare a una distanza minore di venti minuti e superare la velocità di quello Reale, dando sempre la precedenza. Nel 1901 si elevò la composizione del Convoglio Reale a quindici elementi e nel 1906 passò di proprietà dalla Rete Adriatica gestita dalla S.F.M. alle neonate Ferrovie dello Stato, sino alle soglie degli anni Trenta.

Nel 1925 venne indetto un concorso dal Ministero delle Comunicazioni per la realizzazione di un “treno di gran lusso” destinato ai viaggi ufficiali dei Re da allestire in occasione delle nozze del Principe ereditario Umberto di Savoia con la Principessa Maria José: le Officine del gruppo industriale Fiat di Torino ebbero la meglio su Ansaldo, Piaggio e Breda, aggiudicandosi la commessa.

Il treno del Re in epoca fascista

Carrozza del treno reale, nel 1929, conservato al museo di Pietrarsa (c) Public domain Reinhard Dietrich Wikimedia Commons

Il convoglio di Re Vittorio Emanuele III venne ultimato nel 1929 e ben descritto nel lussuoso opuscolo intitolato Treno Reale distribuito dalla Fiat per promuovere il lavoro, la tecnologia e l’arte dell’azienda. Gli interni erano in velluto rosso e blu ricamati d’oro e d’argento appositamente a Venezia e a Genova, i morbidi tappeti erano in lana pregiata di Puglia, mentre la pelle dei passaggi dei corridoi proveniva da Tolentino nelle Marche: l’intero treno era orgogliosamente di fabbricazione italiana, forte della propaganda nazionalistica dell’epoca fascista.

L’architetto liberty Giulio Casanova, professore della Reale Accademia Albertina di Torino, decorò in modo fastoso le tre vetture, rispettivamente quella con la sala da pranzo che ospitava un tavolo da venti posti lungo sette metri, un tinello e un salotto privato per il sovrano; e quelle del Re (perduta durante Seconda Guerra Mondiale) e della Regina che comprendevano anticamera, salotto, camera da letto, bagno privato, qualche scompartimento con stanzino da bagno per gli Aiutanti di Campo e i gentiluomini d’onore e una cabina per il personale di servizio.

Il nuovo Treno Reale era costituito da dodici vetture intercomunicanti a cassa metallica e all’esterno era di colore blu, decorato sulla fiancata dallo stemma della Corona Reale. Ogni carrozza era lunga 19,70 metri con gli interni decorati da ricche dorature e stemmi sui soffitti, tappezzeria in seta broccata e pareti in mogano che celavano i cavi dell’impianto elettrico, il riscaldamento, le tubazioni dell’acqua, i fili del telefono, i ventilatori e i campanelli a prova della modernità e del prestigio dell’industria nazionale.

Il treno del presidente della Repubblica

Il vagone reale riconvertito nella Repubblica italiana (c) Public domain Reinhard Dietrich Wikimedia Commons

Con la fine del fascismo e poi della monarchia le Officine Ferrovie dello Stato di Porta al Prato e Voghera riconsegnarono alle Ferrovie le nove vetture del Treno al quale furono apportati diversi miglioramenti e modifiche – eliminando i riferimenti a Casa Savoia e al regime fascista – trasformandolo in “Unità operativa mobile del Presidente della Repubblica”. Nacque così il nuovo Treno presidenziale italiano, firmato Fiat, consegnato nel 1948.

Esso aveva in composizione la vettura salone SIz 1, già appartamento della Regina, al quale vennero aggiunte altre tre nuove carrozze e, in seguito, il salone SIz 10, ovvero la vettura sala da pranzo oggi esposta al Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa in Campania.

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(in parte tratto da L’apporto della Famiglia Reale allo sviluppo turistico
della Valle d’Aosta da metà Ottocento al 1946, tesi di Laurea magistrale all’Università della Valle d’Aosta, anno 2021, per gentile concessione di Caterina Pizzato. Abbiamo aggiunto i titoli dei paragrafi, il titolo, qualche minimo aggiustamento per la lettura e con i grassetti. Le immagini sono a cura della redazione di Nos Alpes).

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