Il Traforo del Monte Bianco rappresenta un fondamentale collegamento transfrontaliero europeo tra Italia e Francia, e tra Courmayeur in Valle d’Aosta e Chamonix in Alta Savoia. Nos Alpes ha voluto dunque approfondire storia e segreti nonché scoprire curiosità e aneddoti che riguardano le frequentatissime gallerie e il personale che ogni giorno vi opera.
Ultimati i lavori che ne hanno imposto la chiusura programmata sin dallo scorso 16 ottobre, finalizzati alla sostituzione di sistema informatico e ventilatori, uffici e addetti sono attualmente alla fase dei test; questa, come annunciato, potrebbe concludersi anche antecedente la data del 18 dicembre fissata per la ripresa del servizio.
Qualche dato storico
La costruzione del Traforo del Monte Bianco ha preso il via da ambedue i lati di Italia e Francia nel 1958, per poi concludersi il 14 agosto del 1962 quando gli addetti ai lavori hanno potuto ritrovarsi a metà strada. L’inaugurazione della struttura, previa realizzazione di carreggiata e impianti tecnici, avviene il 16 luglio del 1965 alla presenza degli allora presidenti dei due Paesi, Charles de Gaulle e Giuseppe Saragat.
“Durante i cantieri sono state svolte apposite riunioni per tracciare lo stato di avanzamento, ma in tale epoca di post guerra le tensioni tra i due Stati erano ancora molto accese – ha spiegato Erika Noro dell’Ufficio comunicazione della società Traforo Monte Bianco GEIE -. Dopo aver scoperto l’intenzione dei francesi di raggiungere la metà della galleria per primi, gli italiani hanno adottato l’escamotage di diminuire e velocizzare i turni dei propri operai, che di fatto hanno vinto sui rivali realizzando però una apertura lievemente più stretta”.
La concreta apertura al traffico del Traforo del Monte Bianco, un tempo fondamentale per permettere ai valdostani di recarsi alle tanto desiderate celebrazioni della messa a Chamonix, risale al 19 luglio del 1965. Esso resta attivo e percorribile per 34 anni, sino al grave incendio datato 24 marzo del 1999 che costa la vita a 39 persone e che ne impone l’interruzione al traffico per tre anni.
“Sin dalla riapertura il 9 marzo del 2002, la gestione è stata unico appannaggio comune della società Traforo Monte Bianco GEIE, che oggi conta duecento venti impiegati per metà francesi e per metà italiani – ha proseguito Noro -. Non esistono più sale di controllo e procedure diversificate come un tempo, ma tutto è unificato e ben regolamentato, come per esempio l’esercitazione a sorpresa su scala reale cui siamo sottoposti una volta ogni anno”.
I numeri del Traforo
Il Traforo del Monte Bianco è complessivamente lungo 11,6 chilometri, di cui 7,64 chilometri sul versante francese e 3,960 chilometri sul versante italiano; la sua altitudine è di 1.381 metri sul territorio dell’Italia, che poi scendono a 1.395 metri attorno alla metà della galleria e nuovamente a 1.271 metri sul territorio della Francia.
Lungo le due carreggiate a doppio senso di marcia è obbligatorio viaggiare tra i 50 chilometri orari e i 70 chilometri orari, mantenendo dall’auto che precede la propria una distanza di 150 metri segnalata da apposite indicazioni luminose. Ogni 600 metri sono collocate barriere eventualmente necessarie per bloccare la circolazione, così come pannelli a messaggio variabile funzionali alla comunicazione accanto al messaggio radio trasmesso automaticamente in loop ogni cinque minuti circa.
Dopo l’incidente del 1999, sono peraltro stati costruiti 36 rifugi dotati di nicchie nelle quali ripararsi, estintori di cui servirsi e sistemi di ventilazione di cui beneficiare in caso di emergenza; ciascuno di essi è scavato internamente alla montagna stessa e, grazie a dimensioni di 40 metri quadri circa, permette di ospitare una sessantina di persone. Tali anfratti sicuri, muniti di tecnologie di videoconferenza connesse con gli operatori della sala controllo, sono peraltro collegati ad alcune vie di fuga collocate direttamente al di sotto delle gallerie; a queste si somma un quinto condotto sede di bocchette di aspirazione ed estrazione dei fumi.
Gli uffici
Tra le stanze più emblematiche degli uffici del Traforo del Monte Bianco spicca la sala di crisi, finalizzata a far fronte a eventi così gravi da risultare gestibili dal personale interno ma dal 2000 a oggi fortunatamente mai stata utilizzata. Poco lontano, attraversando un lungo e tortuoso corridoio, si raggiungono le sale di controllo, dalle quali vengono visionate le telecamere poste lungo tutta la galleria per individuare automobilisti in sosta non concessa. Anche la presenza di fumo od oggetti a terra viene prontamente segnalata all’area tecnica, che monitora possibili innalzamenti anomali della temperatura interna o veicoli per carico o natura eccessivamente caldi.
Il personale del Traforo del Monte Bianco annovera dal 2006 anche diversi pompieri di cui una sessantina italiani, incaricati di coprire turni di dodici ore; se 14 sono attivi di giorno e altri 11 sono attivi di notte, essi sono ripartiti tra tre sul lato Italia, tre sul lato Francia, tre a metà strada, uno preposto alla sorveglianza dei convogli di camion frigo, un meccanico e un responsabile.
Le squadre sono attrezzate con equipaggiamenti specifici e sicuri nonché di due distinte tipologie di camion, l’una denominata Proteus e presente in quattro unità e l’altra denominata Veicolo primo intervento e presente in una singola unità. Quest’ultimo, del valore economico di circa 1 milione di euro e dell’età di circa una decina di anni, può contenere sino a 12 mila litri di acqua e 1.000 metri cubi di schiuma; qualora avvenisse un incendio tali riserve verrebbero svuotate in un lasso temporale di soli quattro minuti, tuttavia il mezzo potrebbe rifornirsi all’interno dei serbatoi della rete dalla capacità idrica di 150 mila metri cubi.