Cooperazione sanitaria transfrontaliera in Europa /1
In questa prima parte, siamo alla scoperta del contesto dei numerosi progetti di cooperazione sanitaria transfrontaliera, che sono a volte di mero apprendimento reciproco, oppure trovano soluzioni caso per caso oppure giungono ad accordi strutturati e più o meno stabili.

In uno studio del 2018, la Commissione europea ha censito 423 progetti europei degli Stati membri direttamente riferiti all’area sanitaria: di questi 326 erano in zona transfrontaliera e finanziati dai differenti programmi Interreg[1]. Esperienze di cooperazione sanitaria transfrontaliera analoghe a quelle italiane, come tra gli ospedali di Susa e di Briançon con il progetto Prosanté,[2] oppure nelle aree di Gorizia o di Bolzano, sono dunque piuttosto diffuse.

L’elevato numero di progetti corrisponde a un’ampia base di sperimentazioni e collaborazioni, di cui alcune stabilizzate, che riposano tuttavia su una base giuridica europea ancora limitata, con marcate differenze organizzative e legislative tra gli Stati membri.

La competenza in materia di salute e prestazioni sociali nell’Unione europea si è infatti concretamente sviluppata grazie alle attività sul campo più che dagli spazi offerti sul piano giuridico. Da un lato va notato che l’art. 168 del Trattato di funzionamento (TFUE) introdotto dal Trattato di Lisbona ed entrato in vigore nel 2009 ha costituito un significativo progresso, in particolare nella sicurezza sanitaria pubblica e nella prevenzione.

Ha permesso la nascita del Centro europeo di controllo e prevenzione delle malattie (ECDC, la cui notorietà è cresciuta durante la crisi pandemica), a iniziative sulle malattie rare, a specifiche politiche come nel contrasto al cancro, e alla direttiva n.24 del 2011[3] sulla mobilità dei pazienti all’interno dell’Unione.  L’articolo 168 del TFUE affida all’Unione il compito di incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri in materia sanitariae tra l’altro la “cooperazione tra gli Stati membri per migliorare la complementarità dei loro servizi sanitari nelle regioni di frontiera”.

Purtuttavia, in questo progresso, all’Unione europea è preclusa “qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri” i quali restano responsabili dell’organizzazione e gestione dei loro servizi sanitari[4].

Con una base giuridica dalle molte diversità nazionali, il panorama dei progressi in materia di cooperazione sanitaria transfrontaliera non può quindi che essere particolarmente variegato, in funzione dei progetti e degli accordi bilaterali o multilaterali tra gli Stati membri, che si estendono in qualche caso a Stati terzi, come la Svizzera o la Norvegia. L’elevato numero dei progetti Interreg in ambito sanitario ne è un buon indicatore.

Tuttavia, se il primo sguardo può suggerire un quadro frammentato, il panorama complessivo mostra un importante processo di sperimentazione che contribuisce alla costruzione di un’Europa della Salute. Negli esercizi di cooperazione delle frontiere interne sono in gioco gli avvicinamenti nella qualità e quantità delle prestazioni fornite ai cittadini europei e un miglioramento verso l’alto di standard e servizi in tutta l’Unione.

La direttiva n. 24/2011 che seguì il Trattato di Lisbona, appoggiandosi sull’art. 168 TFUE, ha fornito d’altra parte un certo aiuto – che si aggiunge a quanto già disposto dai regolamenti n. 883/2004 e n. 987/2009 – non limitandosi alla sola mobilità dei pazienti. Essa ha infatti fissato i compiti degli Stati nella definizione dei prestatori dei servizi sanitari, i criteri di qualità e di sicurezza delle prestazioni, i beneficiari e l’elenco delle cure rimborsabili tra Stati membri.

La direttiva ha anche stabilito contenuti e forma della prescrizione (ricetta) transfrontaliera e previsto che ogni Stato membro costituisca un Punto nazionale di contatto (PCN) di informazione per l’accesso alle cure transfrontaliere. Anche in un contesto giuridico in cui è preclusa l’armonizzazione legislativa e regolamentare, si tratta di elementi utili e decisivi per la cooperazione sanitaria nelle frontiere interne.

I numerosi esercizi di collaborazione transfrontaliera in materia sanitaria possono essere distinti in tre ambiti: anzitutto di (a) apprendimento e adattamento, poi di (b) individuazione di soluzioni a problemi specifici e infine di (c) accordi intergovernativi o territoriali.

Infatti, molta cooperazione si è svolta con l’apprendimento e l’adattamento ai rispettivi sistemi giuridici-organizzativi a legislazione e regolamentazione invariata: cioè con lo sviluppo di relazioni di conoscenza e collaborazione, anche istituzionale, tra gli organismi competenti, per svolgere operazioni congiunte e progetti.

In secondo luogo, si è osservato un lavoro di individuazione di soluzioni specifiche per problemi transfrontalieri puntuali, sempre a legislazione invariata ma con adattamenti procedurali o regolamentari locali o settoriali, che la Commissione ha poi sostenuto sia con i programmi europei sia con il progetto delle cosiddette “B-Solutions[5].

In terzo luogo, nel livello più articolato, si è assistito all’adozione di accordi e in qualche caso ad adattamenti legislativi o regolamentari interni, che portano, nella misura del possibile, la base giuridica e la postura di alcuni Stati membri sulla collaborazione transfrontaliera in posizione più avanzata rispetto a quella dell’Unione europea.

Sono esercizi in cui si cimentano molte amministrazioni locali, regionali e statali, centrali e decentrate, e soprattutto sanitarie, con una determinazione e con una produzione di grande interesse, che conviene almeno tratteggiare.

Note

[1] European Commission, Study on Cross-Border Cooperation Capitalising on existing initiatives for cooperation in cross-border regions Cross-border Care Final report, marzo 2018, pp 83-89.  European Commission DG Sante, Röhrling, I., Habimana, K., Groot, W., et al., Study on cross-border cooperation: capitalising on existing initiatives for cooperation in cross-border regions: Cross-border.Care.Final report, Publications Office, 2018.

[2] Si veda Progetto ProSantè. Asl To3: Susa e Briancon verso la Sanità Europea con la telemedicina, in “Quotidiano Sanità”, 22 gennaio 2019, nonché il sito del progetto https://alcotraprosante.eu/

[3] Direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera. La direttiva si inserisce sulle disposizioni già tracciate dal Regolamento (CE) N. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e dal Regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.

[4] Oltre all’art 168 TFUE si richiamano anche le sentenze della Corte di Giustizia nei procedimenti C-120/95 e C-158/96 Nicolas Decker/Caisse des maladies des employés privés e Raymond Kohll/Union des Caisses de maladie.

[5] Il progetto delle “B-Solutions” è promosso dalla DG REGIO della Commissione europea nel quadro della  Comunicazione  COM(2017) 534 Rafforzare la crescita e la coesione nelle regioni frontaliere dell’UE, adottata il 20 settembre 2017.

Serie di sette articoli da un saggio di Enrico Martial nel volume “La cooperazione sanitaria transfrontaliera: sfide ed esperienze”, a cura di Raffaella Coletti e Gabrielle Saputelli, Roma, Giuffré 2022, in una collana del ISSIRFA del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR)

(segue domani)

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Direttore di Nos Alpes, giornalista. Ha collaborato in tempi diversi con varie riviste e giornali, da Il Mulino a Limes, da Formiche a Start Magazine.

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