Il Prix Grand Continent viene attribuito e annunciato all’ultimo giorno del summit, che si sposta da Saint-Vincent al Pavillon, sullo Skyway al Monte Bianco, sopra Courmayeur, in Valle d’Aosta. L’anno scorso, il 20 dicembre, il premio era andato a Ladri di lampadine di Tomasz Różycki, una bella storia di una comunità umana in un caseggiato polacco, in cui arrangiarsi e vivere insieme nell’epoca delle restrizioni delle libertà, in epoca di affermazione russo-sovietica.
Quest’anno il premio è andato un libro tedesco, Hey, Guten Morgen, wie geht es dir?” (Hey, buongiorno, come va?), di Martina Hefter. Piuttosto intimista e con fondali anche inquietanti, traccia una storia che assomiglia all’epoca che attraversiamo, che rafforza anche il sottinteso delle guerre. È così anche negli altri quattro libri finalisti, in cui vi sono le persone, il disorientamento, la forza dell’individuo.
Lea Ypi, della London School of Economics, ha annunciato per conto della giuria il vincitore appunto al Pavillon, dinanzi alla sala piena, il 6 dicembre 2024. Erano appena finiti due straordinari dibattiti, gli ultimi del summit, in cui tra l’altro Josep Borrell ricordava cosa manca all’Europa, che per esempio ha perso la corsa all’innovazione digitale, mentre Olivier Blanchard teneva fermi i principi di base, anche in economia, mostrando che non bisogna spaventarsi.
Hey, buongiorno, come va?
Il romanzo vincitore, “Hey, Guten Morgen, wie geht es dir?” (Hey, buongiorno, come va?), di Martina Hefter, è pubblicato da Klett-Cotta.
La protagonista, con il nome evocatore di Juno (Giunone), è una performer che si divide tra la cura del marito gravemente malato, Jupiter (Giove), e la sua attività artistica, di danza e recitazione in teatro.
Di notte, soffre d’insonnia e della sua condizione di vita. Intrattiene allora conversazioni online con dei “love scammer”, cioè uomini che attraverso conversazioni d’amore raccolgono denaro dalle donne che riescono a contattare. Sono interazioni online, Juno non ci casca e ne approfitta per esprimersi in totale libertà, anche forte, in un luogo dove tutti mentono.
Poi incrocia Benu, con cui lo scambio lascia intendere qualcosa di più, situazioni e stati d’animo. Sono lontani, tra Europa e Nord Africa, ci sono in giuoco l’idea di Europa, il rapporto tra uomo e donna, i sogni, le fatiche, il potere tra le persone, la complessità. Il libro si dipana come una commedia, con toni leggeri anche quando tratta le questioni più gravi.
Sarà da leggere: ha già ricevuto il Gran Premio del Fondo per la Letteratura Tedesca, il Premio letterario Wiesbaden, ed è candidato al Premio Bavarese del Libro.
A cosa serve il Prix le Grand Continent
Il premio letterario del Grand Continent, che vale circa 100 mila euro, finanzia i costi di traduzione, di edizione e promozione dell’opera che ha vinto in quattro lingue diverse. La diffusione europea diventa più rapida ed efficace, con l’obiettivo di pubblicare le traduzioni nell’anno successivo all’assegnazione del premio, in questo caso nel 2025. Le Grand Continent e i suoi partner hanno avviato collaborazioni con editori nei paesi delle lingue interessate per migliorare tempi di diffusione.
L’operazione del Prix Grand Continent sottende anche la valorizzazione della traduzione, e la sua “normalità” nella vita europea. È sostenuta da partner che variano in parte negli anni, e ora dal Consiglio regionale della Valle d’Aosta, dal Comune di Courmayeur, dalla Fondazione Simone e Cino del Duca, dalla Fondazione Jan Michalski, da Anne Dias, da Skyway Monte Bianco e dal GEIE-Tunnel del Monte Bianco.
La rosa dei finalisti, da leggere
Il vincitore ha prevalso tra una rosa di cinque libri. Vale la pena anche evocare gli altri finalisti, che meritano di essere cercati e letti. “Paradiso” di Michele Masneri (Adelphi, 2024) parla di un giovane giornalista milanese inviato a Roma per intervistare un regista che non riesce però a incontrare. Conosce invece l’ispiratore dei film del regista, con il risultato di ritrovarsi sul litorale laziale in un complesso turistico chiamato “Paradiso” in cui incontra una serie di altri personaggi paradossali e decadenti.
“La première histoire” di Frédéric Gros (Albin Michel, 2024) è invece ambientato nel I secolo d.C e racconta la storia di Théoklïa, una femminista d’anticipo che ha parecchio agitato le prime comunità cristiane d’Oriente. Affascinata dai discorsi di Paolo di Tarso, rompe il fidanzamento, segue l’apostolo, supera varie persecuzioni, scampa da un rogo e dalle belve, e svolge una continua affermazione di sé e del ruolo della donna.
In polacco e in spagnolo
In “Skóra po dziadku” (La pelle del nonno), Mateusz Pakuła (Agora, 2024) parla appunto di suo nonno che, negli anni ’50 durante il periodo stalinista, fu incarcerato a Kielce per una bravata giovanile, per venire salvato da un ebreo, a sua volta scampato all’Olocausto. Il tema è nell’eredità delle memorie familiari che rimangono nelle generazioni successive. Le storie personali si intrecciano con eventi come il pogrom di Kielce, del 1946, un anno dopo la fine della guerra. Il racconto è calmo e forte, mescola leggerezza e gravità.
“Tarántula” è un romanzo di Eduardo Halfon, pubblicato nel 2024 da Libros del Asteroide, che racconta di due giovani fratelli guatemaltechi. Dopo anni negli Stati Uniti, tornano in Guatemala, quasi senza conoscere lo spagnolo, per partecipare a un campo per bambini ebrei nelle montagne dell’altopiano. Si passa dall’insegnamento di tecniche di sopravvivenza al rischio di farsi male o peggio, e in cui ognuno deve trovare la propria via di scampo. È un episodio d’infanzia spiazzante, con tratti del mondo ebraico, con memorie personali e luoghi, identità e culture.
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