Gli scatti del fotografo francese Henri Cartier-Bresson sono esposti a CAMERA, il Centro Italiano per la Fotografia di Torino, fino al 2 giugno.
In mostra vi sono 160 fotografie attraverso le quali si ricostruisce il rapporto instauratosi tra Cartier-Bresson, pioniere della fotografia, e l’Italia coprendo una forbice temporale che va degli anni Trenta agli anni Settanta del Novecento.
Una collaborazione italo-francese
La mostra Henri Cartier-Bresson e l’Italia è nata grazie alla cooperazione tra la Fondation Henri Cartier-Bresson di Parigi e la Fondazione CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino, in ulteriore collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo.
Sotto la cura dei direttori delle fondazioni, Clément Chéroux e Walter Guadagnini, ha preso vita quella che attualmente è la più importante retrospettiva sul lungo e solido legame tra Cartier-Bresson e il Bel Paese.
Il primo viaggio del fotografo francese in Italia risale al 1932, anno in cui inizia a raffigurare e raccontare visivamente le città e i paesaggi di un paese in continua evoluzione, spesse volte obbligato storicamente e socialmente al cambiamento. Ma nelle sue foto non mancano ritratti di persone: da sconosciuti intenti a vivere la propria quotidianità a figura di spicco quali intellettuali e artisti italiani dell’epoca. Pier Paolo Pasolini, Roberto Rossellini e Giorgio de Chirico sono alcuni dei tanti volti cheCartier-Bresson ha catturato nei suoi circa quarant’anni in Italia.
Nel cuore della mostra
Nel percorso della mostra, gli scatti di Cartier-Bresson sono accompagnati da materiale d’archivio che conta giornali, riviste e libri. Il tutto è presentato in ordine cronologico per favorire la comprensione dell’evoluzione subita dal fotografo e dai suoi scatti parallelamente con l’inevitabile sviluppo storico, sociale e culturale che ha accompagnato l’Italia in quei decenni.
Tra le fotografie degli anni Trenta e Quaranta si scorgono le trasformazioni sociali e politiche italiane sfociate successivamente nelle immagini della Seconda Guerra Mondiale. Queste sono raffigurazione delle difficoltà della quotidianità sotto un regime di guerra che ha devastato il paese e che gli ha inflitto una serie di importanti cambiamenti sociali e culturali.
Molto spazio è dato alla situazione complessa del Sud Italia rappresentato in bilico tra i cambiamenti della modernità e il legame con le tradizioni.
La parte finale della mostra si arresta sugli anni Settanta, periodo nel quale Cartier-Bresson analizza il rapporto tra l’uomo e la macchina, soffermandosi sui cambiamenti intercorsi nel contesto industriale con particolare attenzione agli stabilimenti Olivetti e Alfa Romeo.
La mostra si conclude con una panoramica sugli anni Settanta, periodo in cui Cartier-Bresson conclude la sua esperienza in Italia e lascia la fotografia.
La mostra nella mostra: Olga Cafiero. Cultus Langarum
La mostra su Cartier-Bresson è affiancata a un’esposizione delle opere di Olga Cafiero sita nella Project Room e visitabile dal 16 aprile al 2 giugno. La Cafiero è una fotografa italo-svizzera che dal 2009 espone regolarmente le sue opere sia in Svizzera sia all’estero. In particolare, nella mostra in corso a Torino, vengono esplorate la storia e la cultura enologica delle Langhe del Barolo tra tradizione e innovazione in un’ottica di sostenibilità ambientale.
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