Pittore poliedrico ed eclettico, Felice Casorati è il protagonista della mostra “Pittura che nasce dall’interno”, attualmente in esposizione presso il Museo Archeologico Regionale di Piazza Roncas ad Aosta. Nos Alpes ha potuto fare visita all’esposizione curata da Alberto Fiz, godendo di una immersione totale nel linguaggio e di una permeazione profonda nella poetica di un artista a trecentosessanta gradi.
Gli esordi
Dopo il pastello “Autoritratto” (1904/1905), uno dei soli cinque mai realizzati dal pittore, a documentare i primi esordi artistici di Casorati subentrano due altri quadri, “Le vecchie comari” (1908) e “Persone” (1910). Mentre il primo già annuncia il nuovo impulso infuso alla pittorica dell’epoca dall’avvento della cosiddetta Art Nouveau, il secondo si ispira manifestamente alle “Età della donna” di Gustav Klint, palesando una modernizzazione dei tratti che lentamente si distacca dai precedenti canoni accademici.
“Ma è ‘Notturno’, con la sua tavolozza ricca e il suo decorativismo, uno dei quadri che meglio documenta l’influenza della secessione viennese nei primi anni di attività del pittore – spiega Daria Jorioz, dirigente della struttura regionale Attività espositive e promozione identità culturale -. Anche i paesaggi invernali di piccole dimensioni denotano uno studio della luce che si allontana dagli Impressionisti e guarda a una forma di pittura meditata e concettuale come sintesi del pensiero”.
Tra Valle d’Aosta e Piemonte
Non è raro che Casorati si riferisse a Torino come a una città capace di arricchire le sue opere a partire dalle sue linee e dal suo ordine urbanistico, tratti per i quali egli ha sempre amato tale luogo di “non palese bellezza”.
“La vicinanza alla Valle d’Aosta comporta che le influenze del pittore ricadano anche su artisti locali, come ben dimostrato da alcuni quadri che egli dedica alla regione, tra i quali la raffigurazione di Saint-Nicolas normalmente parte della collezione del Castello Gamba di Châtillon – rammenta ancora Jorioz, sottolineando il carattere bidimensionale e monocromatico di numerosi quadri che si separano in toto dal Realismo -. Mentre la dormiente dinnanzi al Monte Cervino mostra una stilizzazione delle forme e un grande equilibrio compositivo, la donna che dialoga con la natura a lei circostante tramite una finestra aperta vuole essere un omaggio ai grandi maestri del Quattrocento pur personalizzato dall’atteggiamento malinconico e meditativo tipico di Casorati”.
Gli Anni Trenta
Negli Anni Trenta la pittura di Casorati si fa ancora più concettuale, abbandonando l’accademismo di un tempo e assumendo una connotazione quasi teatrale.
“Il pittore si ispira molto alla classicità, come evidente da capolavori assoluti quali ‘Le due sorelle’, una stratificazione di suggestioni, composizioni e idee di una figura che non guarda osservatore e perde così l’impostazione del ritratto divenendo quasi metafisica – racconta Jorioz, citando a margine la vocazione scultorea dell’uomo insita nella realizzazione di oggetti e bassorilievi di studio per le sue creazioni -. Accanto ad essa, chiamata anche ‘Libro aperto, libro chiuso’ a sottolineare il valore della letteratura come trasmissione della memoria e della cultura, abbiamo ‘Ritratto di Annamaria De Lisi’, che rappresenta una donna inesistente ma simbolica con le orbite vuote”.
Differente ancora, però, è la prospettiva dei ritratti maschili di Casorati, quali per esempio il “Ritratto di Gino Beria”, commissionatogli dallo stesso ingegnere, o il “Ritratto di Antonio Veronesi”, ambedue illustranti persone reali in una chiave piuttosto astratta e ideale nonostante le ricerche fisiognomiche rendano riconoscibili i personaggi.
Le nature morte
“Pittura che nasce dall’interno” è scandita da un percorso non tanto cronologico bensì tematico, perfezionato peraltro da una intera sala dedicata alle nature morte, genere pittorico parte della storia dell’arte in cui anche lo stesso Casorati ama cimentarsi.
“Gli argomenti sono per larga parte ricorrenti e fatti di simbolismi mai chiarificati dall’artista quali per esempio la presenza di uova o limoni, pere o carte da gioco, libri o grano – prosegue ancora Jorioz -. Stilizzazione e colori squillanti di alcuni quadri potrebbero essere letti come un omaggio a Picasso, in netto contrasto con altre realizzazioni dalle tavolozze invece più scure”.
La vita torinese
La mostra aostana si compone peraltro di alcune opere inedite provenienti dalla dimora di Casorati allora sita in Via Mazzini, a Torino, luogo dove dopo il suicidio del padre egli trova un rifugio e scopre una dimensione interiore per lui fondamentali.
“Proprio all’attuale Museo-archivio Casorati si devono le due sovrapporte che possiamo vedere qui esposte per la prima volta, prima ricoperte ma poi riscoperte dopo la sua morte, connotate da un decorativismo stilizzato e monocromo di grande qualità – narra Jorioz -. Ugualmente emblematica è la selezione di ventitré dei suoi disegni, sorta di autografo nel quale si possono individuare i tratti e la mano dell’autore, propedeutici alla creazione di una opera come sorta di appunto”.
In città Casorati è anche maestro di diverse generazioni di artisti, che egli instrada alla pittura anzitutto all’interno della scuola di Via Galliani da lui fondata negli Anni Venti.
“Tra i suoi allievi è interessante notare Lalla Romano, personalità brillante spesse volte in contrasto di idee con il docente capace di dare esiti molto personali alla propria pittura, o Nella Marchesini, largamente influenzata dalle figure solide e spesse della pittura toscana – conclude ancora Jorioz, rammentando altri nomi quali Marisa Mori, Silvio Avondo e Albino Galvano -. Oltre a Paola Levi Montalcini, sorella gemella di Rita, anche la futura consorte di Casorati, Daphne Maugham, frequenta le sue lezioni, dalle quali ella sviluppa una pittura imitativa fortemente legata al suo insegnante”.