Un ex parlamentare valdostano, che abbiamo sentito, ci raccontava della sincera difficoltà, da parte di suoi amici vallesani, nel comprendere contenuti e portata del prossimo referendum confermativo che si terrà in Valle d’Aosta, domenica 10 agosto 2025.

Il Referendum riguarda la legge elettorale regionale del 27 febbraio scorso che ha reintrodotto le tre preferenze nel voto per il Consiglio regionale, tra l’altro previsto per il prossimo 28 settembre.

Per i valdostani, la questione è invece abbastanza chiara, per quanto ragioni e dinamiche rimangano diverse e complesse. Sullo sfondo, vi è da un lato l’autonomia statutaria della Valle d’Aosta: una legge regionale (e non statale) ha disciplinato l’istituto del referendum, pur con qualche affinità con altri Paesi europei. Tra l’altro, appunto, il referendum confermativo valdostano non richiede quorum minimo, e l’esito di domenica 10 agosto non dipenderà dall’affluenza.

Dall’altro, c’è una vita politica regionale relativamente intensa e maggiormente partecipata rispetto al contesto nazionale italiano. È un mondo po’ a parte e il tema delle tre preferenze e le ragioni del referendum sono proprio faccende interne alla Valle d’Aosta e ben conosciute dai valdostani.

Di cosa si parla

L’attuale sistema di preferenza unica, abbinato allo spoglio centralizzato dei voti, è stato introdotto con la legge regionale del 16 ottobre 2017, n. 15, che ha disciplinato anche lo scrutinio centralizzato dei voti per l’elezione del Consiglio regionale.

La legge giungeva al termine di almeno un quindicennio di forti tensioni politiche e conflitti, che hanno tra l’altro prodotto diverse scissioni nel partito di maggioranza relativa, l’Union Valdôtaine. L’attenzione di quella fase di scontri era concentrata sui leader locali dell’epoca, e in particolare su Augusto Rollandin, e su tutta una generazione di esponenti politici. La legge intendeva ridurre il possibile controllo del voto – nel contesto di conflitti politici – in sezioni elettorali in comuni anche molto piccoli, in cui le preferenze erano misurabili, pubbliche e identificabili con relativa facilità.

Poi vi è stato un relativo avvicendamento di generazioni, le tensioni sono calate, il contesto generale, politico ed economico, è mutato. Si è passati attraverso la pandemia, e a sfide esterne di grande portata, la guerra, i cambiamenti climatico e digitale, il superamento della globalizzazione.

L’Union Valdôtaine ha visto una ricomposizione delle fratture e si è riunificata, il clima politico regionale è migliorato, pur sempre nei conflitti di vedute con l’opposizione, più grande a destra ma comunque vivace a sinistra. Così, il 27 febbraio 2025, è stata approvata dal Consiglio regionale la legge regionale n. 3, che reintroduce le tre preferenze.

Inoltre, la norma che va al voto stabilisce che, se si esprimono tre preferenze, almeno una deve riguardare un candidato di genere diverso, altrimenti l’ultima preferenza viene annullata. Il vincolo non si applica se l’elettore decide di esprimere una o due preferenze: può scegliere candidati dello stesso genere o di generi diversi, senza che ciò influisca sulla validità del voto.

Le tre preferenze nel dibattito politico

Nel dibattito prima del voto si è assistito a due livelli. Da un lato, il tono da parte dei partiti politici è stato molto basso, quasi un silenzio. Si può immaginare come un modo per portare a votare soltanto degli elettori più motivati, che si immagina siano a favore delle tre preferenze. Poi, anche la Lega Lega per Salvini Premier Valle d’Aosta, che pure aveva proposto il referendum, ha affisso manifesti che lasciano libertà di scelta agli elettori.

Il referendum fu richiesto dal Comitato per la Riforma Elettorale (CRE), ma la raccolta delle firme non fu sufficiente. Sette consiglieri regionali, il numero necessario previsto dalla legge federo allora la proposta: Luca Distort, Raffaella Foudraz, Erik Lavy, Andrea Manfrin, Simone Perron, Paolo Sammaritani (del gruppo consigliare Lega Vallée d’Aoste) e Diego Lucianaz del Gruppo Misto, ma ex Lega. Il cambio di posizione attuale segna dunque qualche debolezza, ma la scelta del referendum ha prodotto una frattura nella piccola sinistra verde-civica.

In Consiglio regionale non partecipò alla richiesta ma è a sostegno del voto contro le tre preferenze Chiara Minelli, del Partito Civico Progressista (PCP). L’altra consigliera del partito, Erika Guichardaz, è invece a favore delle tre preferenze.

Per dare una sintesi, il quadro politico mostra linee trasversali tra gli estremi, diversi silenzi e alcune fratture: in generale una tendenza a favore delle tre preferenze.

Nella società

Dall’altro lato, nella società (in cui assimiliamo anche i sindaci dei piccoli comuni e i loro assessori insieme a tecnici, funzionari, insegnanti, professionisti, artigiani) gli scambi di opinione sono vivaci, ma in un contesto di relativa scarsa attenzione. Tra quelli che si esprimono, una parte ritiene che le tre preferenze siano ancora un’espressione delle vecchie cordate, e non hanno del tutto dimenticato i venti anni di tensioni. Ritengono che sia un modo del livello politico per autoriprodursi e di controllarsi al suo interno.

Una parte di altre voci ritiene invece che le tre preferenze consentano l’ingresso in Consiglio regionale di nuove persone, o di estendere la partecipazione e l’accesso alla politica. Ricordano la costituzione di gruppi di voto che in passato hanno portato in Consiglio regionale diversi giovani, che hanno poi raggiunto in seguito posizioni di governo. Si chiedono per esempio se con una sola preferenza la giovane potenziale candidata della Jeunesse, Marlène Jorrioz, sarebbe votata o se il voto non confluirebbe piuttosto sui nomi già noti, di politici sperimentati e considerati stabili. Le tre preferenze favorirebbero il ricambio della classe politica.

Questo vale anche per la presenza femminile, che potrebbe risalire rispetto alle poche presenze attuali proprio per le tre preferenze e malgrado il minore effetto del vincolo posto solo sulla terza preferenza.

Forse, rispetto all’ambito politico, oltre a una valutazione circa la scarsa importanza della questione, si ascolta qualche voce (sommessa) in più a favore della preferenza unica. Forse ciò viene anche dal più generale sentimento di scontento, così diffuso nell’ultimo decennio nel continente europeo. Quale sarà poi l’esito del voto, si vedrà allo spoglio, lunedì 11 agosto.

La data del voto

La scelta del 10 agosto ha suscitato critiche, ed è stata un altro punto di attacco da parte dei partiti nazionali (locali) di destra alla maggioranza. È considerata penalizzante per l’affluenza, per la sovrapposizione al periodo di vacanze. Il Comitato referendario e i partiti di destra avevano annunciato un ricorso al Tribunale amministrativo regionale (TAR) già a luglio, senza alla fine depositarlo.

La scelta del 10 agosto è stata viceversa adottata per consentire di organizzare in tempo, con la modalità adottata dal referendum, una o tre preferenze, l’elezione del Consiglio regionale della Valle d’Aosta, che si svolgerà il 28 settembre.

Nel dibattito in corso, altre voci sottolineano come gran parte dei valdostani tenda ad andare in vacanza tra giugno e inizio luglio, e poi a settembre, e che non si muova dalla Valle, piena di attività (e di lavoro), nella parte centrale dei mesi estivi.

Riepiloghiamo

La consultazione è di tipo confermativo, non è richiesto un quorum minimo: il risultato sarà valido a prescindere dal numero di votanti. Si tratta di 105.054 elettori, distribuiti in 74 comuni e 150 sezioni.

Il voto si terrà soltanto nella giornata di domenica 10 agosto, dalle ore 7 alle ore 22 e lo scrutinio si svolgerà lunedì 11 agosto.

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Direttore di Nos Alpes, giornalista. Ha collaborato in tempi diversi con varie riviste e giornali, da Il Mulino a Limes, da Formiche a Start Magazine.

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