La viticoltura alpina nella sua doppia dimensione tradizionale ed eroica è uno degli aspetti connotanti i paesaggi di montagna nonché il focus principale di una nuova guida transfrontaliera dedicata tra Piemonte, Valle d’Aosta e Savoia. Curata dalla docente del Politecnico di Torino Claudia Cassatella e commissionata in seno al progetto Interreg Alcotra “Strada dei Vigneti Alpini”, essa ha come suo scopo ultimo la conservazione di tale patrimonio agricolo e paesaggistico di valore.
L’evoluzione della viticoltura alpina e le tecniche di conservazione
La ricerca alla base della guida concernente la viticoltura alpina ha analizzato l’impatto che essa ha avuto sul paesaggio nel corso dei secoli, mettendo in luce le trasformazioni del territorio e le tecniche adottate per rendere coltivabili tali aree. Tali realizzazioni, tra le quali spiccano i cosiddetti muretti a secco utilizzati per contenere i terreni scoscesi e limitare l’erosione, sono peraltro riconosciute dall’UNESCO come Patrimonio culturale immateriale.
In aggiunta, il volume ha esaminato l’evoluzione delle pratiche colturali e l’importanza della biodiversità che caratterizza le vigne tra Piemonte, Valle d’Aosta e Savoia. Analizzate anche le prerogative per la gestione sostenibile del suolo e il recupero delle strutture tradizionalicome i “ciabòt”, edifici rurali per il ricovero degli attrezzi tipici della zona del Piemonte.
Le strategie per la tutela e il rilancio
Uno degli obiettivi della guida transfrontaliera sulla viticoltura alpina è di fornire linee di azione concrete destinate alle amministrazioni pubbliche, affinché esse possano adottare misure efficaci per la protezione e la valorizzazione dei vigneti. Tra le urgenze individuate vi sono la lotta all’abbandono e la promozione del recupero, la salvaguardia della biodiversità e l’adattamento ai cambiamenti climatici, la mitigazione dell’impatto visivo di nuove costruzioni e infrastrutture.
Non manca poi un approfondimento sull’impatto che il settore potrebbe rivestire in termini economici e turistici, essendo le aree vitate alpine una valida opportunità per un turismo esperienziale e sostenibile. Altre tematiche trattate sono il progressivo aumento della quota di coltivazione in zone montane un tempo meno sfruttate dovuto al riscaldamento globale e l’investimento nel comparto da parte di nuove generazioni di viticoltori.
Qualche dato
Nel complesso, il paesaggio vinicolo nell’area progettuale si estende su di una superficie pari a 4.013 ettari, di cui 2.564 ettari tra Savoia e Alta Savoia, 1.019 ettari nella Città metropolitana di Torino e 430 ettari in Valle d’Aosta. Di questi 3.157 ettari sono destinati a produzioni DOP o IGP, di cui 2.328 ettari nelle Alpi francesi e 829 nelle Alpi italiane.
Il Piemonte conta il numero maggiore di piccole aziende viticole e vitivinicole stanziate sul territorio (1.581), seguito poi dalla Valle d’Aosta (569). Tra Savoia e Alta Savoia, per contro, tali realtà presentano dimensioni maggiori e dunque occupano una porzione di terreno inevitabilmente più ampia (652).
Stando ai dati, inoltre, il Piemonte vanta una produzione annuale di vino pari a 2,6 milioni di ettolitri circa, di cui l’81% a caratterizzazione DOP, suddivisi tra rossi e rosati (60%) e bianchi (40%). La Valle d’Aosta, per contro, registra cifre inferiori anche per via della sua conformazione geografica: esse si attestano a 20 mila ettolitri, di cui l’82% a caratterizzazione DOP, suddivisi ancora tra rossi e rosati (60%) e bianchi (40%). Nelle due Savoie si contano alfine 128 mila litri lavorati ogni anno, di cui il 92% a caratterizzazione AOP, sul totale dei 49 milioni di ettolitri dell’intero Paese.
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