Il GEIE del Traforo del Monte Bianco ha trasmesso alla Commissione intergovernativa italo-francese due scenari per i lavori di rifacimento della volta, che inizierebbero dal 2030: il primo lo prevederebbe chiuso per 3 anni e mezzo, il secondo con interruzioni autunnali di tre mesi e mezzo per quindici anni, dal 2030 al 2045.

Le due opzioni costituiscono senz’altro un elemento di pressione a favore della costruzione di una seconda canna al Monte Bianco, ma a livello di Commissione intergovernativa l’argomento non sembra sul tavolo, anche se lo è tra i due governi nazionali.

Tra l’altro, non si tratta di un terreno inesplorato, anche nella formazione di un accordo tra i due Paesi. Infatti, una seconda canna è già stata decisa anni fa e resa operativa a luglio 2025 al traforo Fréjus, e senza aumento di traffico.

Le due opzioni dei gestori del traforo

Dai documenti che circolano, si è inteso che i lavori non riguarderebbero tutto il traforo (come si era forse mal capito finora), lungo 11,6 chilometri, ma solo un tratto centrale di sei chilometri. Di questi, i due cantieri test, realizzati con le chiusure autunnali del 2024 e quella in corso del 2025, dovrebbero aver già realizzato 600 metri circa: dei sei chilometri da fare, ne resterebbero quindi 5,4 chilometri.

Il primo scenario proposto dal GEIE prevede una chiusura continua a partire dal 2030 per circa tre anni e mezzo. Sotto il profilo dei lavori avrebbe il vantaggio di non prevedere, per ogni cantiere che si apre e si chiude, lo smontaggio e il rimontaggio degli apparati di servizio, dalla ventilazione ai sistemi di segnalazione. Per il GEIE e le due società concessionarie sembra lo scenario da loro preferibile e più efficiente, come è emerso dall’intervista raccolta da AostaSera a Riccardo Rigacci, direttore del GEIE del Traforo del Monte Bianco.

Il secondo scenario prevede, sempre dal 2030, l’interruzione della circolazione ogni autunno, da settembre a metà dicembre, per quindici anni, fino al 2045. Nel 2026 non vi sarebbe chiusura autunnale dell’infrastruttura, ma nell’autunno del 2027 e del 2028 sarebbero possibili.

Questa seconda formula è già sperimentata, e ha già visto una forma di adattamento del trasporto merci, che ha modificato in parte il proprio calendario di consegne e in parte spostato il traffico sul Fréjus e sull’asse costiero autostradale a Ventimiglia-Nizza. Per il traffico locale e il bacino di vita italo-francese di prossimità, la chiusura significa invece un obiettivo ostacolo transfrontaliero, come si dice ora nel linguaggio europeo.

I trasportatori in Francia contrari alla chiusura prolungata

Poiché la notizia è circolata prima sul versante francese che su quello italiano, ci sono già reazioni da parte dei rappresentanti francesi del trasporto merci.

Jean-Christophe Gautheron, segretario generale dell’OTRE Auvergne-Rhône-Alpes, a ICI (la radio pubblica di Auvergne Rhône-Alpes) ha definito la prima opzione di chiusura per tre anni e mezzo un “disastro economico”, sottolineando che l’obbligo di deviare per percorsi alternativi più lunghi e costosi penalizzerebbe gravemente gli autotrasportatori.

Anche Sylvain Vandelle, della Fédération nationale des transports des Savoie et du Dauphiné, ha evidenziato che la chiusura ultratriennale comporterebbe il rischio di perdita di mercato a favore dei concorrenti che operano lungo il tunnel del Fréjus. A suo avviso, le interruzioni autunnali permetterebbero soluzioni adattate con i clienti.

Consultazione politica in Francia, il deputato Roseren si sfila

La proposta relativa ai due scenari è stata dunque inviata alla Commissione intergovernativa del Traforo del Monte Bianco, e sarà esaminata alla prossima riunione, che si terrà prima della fine dell’anno, probabilmente a dicembre.

Tuttavia, non è detto che la Commissione sceglierà in quell’occasione tra le due opzioni, soprattutto se venisse posta sul tavolo – come è avvenuto al Comitato frontaliero italo-francese di Nizza del 7 febbraio scorso da parte del ministro italiano degli esteri Antonio Tajani – anche il tema della seconda canna.

Questa terza opzione, anche sotto il profilo tecnico, per costi e complementarietà alle ipotesi di chiusura, tecnicamente non può d’altra parte essere evitata per favorire una corretta decisione dei due governi nazionali, sui costi e sugli impatti, in sede di Commissione intergovernativa.

Inoltre, c’è anche il tema della consultazione degli enti locali e regionali. Da parte francese, la Prefetta dell’Alta Savoia, Emmanuelle Dubée, si è rivolta ai parlamentari locali per conoscere la loro opinione.

Il deputato Xavier Roseren, già sindaco di Les Houches, che è contrario alla seconda canna, ha preferito sollevarsi dalla responsabilità di una posizione e ha avviato una sommaria consultazione online, per un paio di giorni sul suo sito personale, senza che ne conosca il numero dei partecipanti. È un modo per mostrare scarso interesse politico alla questione.

Inoltre, sia detto a margine, su un tema così importante, le voci dalle istituzioni europee sono totalmente assenti: dalla DG Trasporti (DG MOVE) della Commissione, dal Parlamento europeo o dal Comitato delle Regioni.

Il Comitato frontaliero del Quirinale saltato a pié pari?

Viceversa, esclusi i parlamentari francesi, non vi è stata finora consultazione delle autorità locali e regionali. La sede di ascolto formale di questi soggetti è il Comitato frontaliero italo-francese del Trattato del Quirinale, che dovrebbe avere in carico tali argomenti e che dovrebbe riunirsi il prossimo febbraio ad Aosta, sempre che qualcuno voglia consultarlo su un tema così importante, al di là dei progetti Interreg e della cooperazione sulle comunità energetiche transfrontaliere.

E vi sarebbero tre opzioni da esaminare, le due del GEIE e quella proposta dal governo italiano sulla seconda canna. Tutte e tre hanno un rilievo economico e tecnico sulla continuità dei transiti transfrontalieri di merci e persone, ben oltre l’impatto dei pur nobili progetti transfrontalieri locali in corso.

Il Trattato del Quirinale ha sottolineato, per esempio nel Programma di lavoro e in alcuni incisi del testo, come le Commissioni intergovernative abbiano proprie competenze, e quindi potrebbero anche saltare tali consultazioni.

Tuttavia si tratta di organismi composti pur sempre da rappresentanti dei due governi che, anche sotto il profilo politico, hanno già in corso una discussione sulla seconda canna del Monte Bianco – anche se su posizioni diverse.

E’ bene ancora ricordarlo, i due governi ne hanno già parlato in presenza delle autorità locali e regionali, nello stesso Comitato frontaliero di Nizza del 7 febbraio 2025. Non sembrerebbe quindi questione che si possa evitare, e che possa restare chiusa in una sola Commissione intergovernativa.

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Direttore di Nos Alpes, giornalista. Ha collaborato in tempi diversi con varie riviste e giornali, da Il Mulino a Limes, da Formiche a Start Magazine.

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