Senza dubbio, il Castello di Chillon è un monumento che suscita emozioni. Che si sia pittori, scrittori o semplici fotografi, esso diviene subito una fonte di ispirazione. Soprattutto per Romantici, del passato e del presente.

Questo originale castello di forma ovale, che segue perfettamente i contorni dell’isola sula quale è costruito, a pochi metri dalle rive del Lago di Ginevra, unisce la sua bellezza fotogenica alla sua affascinante storia.

Ma perché esso, così ben conservato, attira ogni anno un gran numero di visitatori?

Il Castello di Chillon è anzitutto una fortezza

È sulla “Via Francigena”, la lunga strada che collegava l’Europa settentrionale alla città di Roma sede dell’autorità del Papa, che si decise di costruire un castello. Ci si trova all’estremità orientale del Lago di Ginevra, dove la curva delle rive del bacino si estende da Montreux verso il Vallese. La via lascerà presto la pianura e salirà verso il Colle del Gran San Bernardo, punto chiave del trasporto tra il nord e il sud nei primi secoli dopo l’Anno Mille.

Attorno al XIII secolo, viaggiatori, mercanti e pellegrini diretti a Roma si fermarono in una nuova città costruita dai Conti di Savoia, proprietari della zona. Si trattava di Villeneuve, una piazza di pedaggio, fonte di ricchezza per la famiglia dei Conti custodi delle Alpi.

Il denaro scorreva, il percorso era unico e strategico: il sito doveva essere difeso. Questo era lo scopo originario del Castello di Chillon, costruito già nel 1150.

La doppia funzione del Castello di Chillon

L’ambiente è splendido. A sud, le Alpi brillano oltre i riflessi del lago. A ovest, l’acqua continua ininterrotta sino a Ginevra. I Conti di Savoia decisero di trasformare il Castello in una residenza estiva, mantenendone la sicurezza e persino gli aspetti repressivi!

Nei sotterranei, con le loro sorprendenti volte gotiche, si trovano le riserve di cibo e tutte le provviste necessarie per la vita dei signori, nonché le prigioni dove languivano i malintenzionati e gli oppositori.

L’abbellimento del Castello ha seguito le epoche e il susseguirsi di Conti e Duchi di Savoia. Ancora oggi si possono ammirare le pitture murali in varie sale, come la Chambre des Seigneurs, e gli affreschi della Chapelle Saint Georges, risparmiati dalla follia iconoclasta della Riforma.

La struttura, difficile da difendere, la sedentarizzazione del potere ducale a Chambéry e l’apertura di nuove rotte verso l’Italia più a sud fecero sì che il Castello di Ripaille fosse preferito a Chillon. È interessante notare che un programma lanciato nel 2011 sotto l’egida dell’Interreg Francia-Svizzera era intitolato “Chillon et Ripaille, deux joyaux de la civilisation Savoyarde” (“Chillon e Ripaille, due gioielli della civiltà savoiarda”.

Dal 1536, quando la regione passò sotto il dominio bernese, furono i balivi a occupare il sito. Essi mantennero il ruolo difensivo dell’edificio, che funzionava da fortezza, arsenale e prigione. Parte dell’emblema di Berna, le orecchie dell’orso, è ancora visibile sulla facciata esterna dal lago. I balivi hanno lasciato anche un’eredità di pitture murali: i loro stemmi sono dipinti sulle pareti.

Quando i vodesi vi si trasferirono dopo aver ottenuto l’indipendenza da Berna all’inizio del XIX secolo, trasformarono il Castello di Chillon in una prigione. È in questo secolo che scrittori e artisti iniziarono a interessarsi a esso da una prospettiva più romantica. Chillon era diventata una tappa del Grand Tour.

Il Castello di Chillon (fonte: Wikipedia Commons, Christian David, CC BY-SA 4.0)

Lord Byron e il Castello di Chillon

Fu il ginevrino Jean-Jacques Rousseau a dare il via al movimento, citando il Castello di Chillon in una delle sue opere principali, “Julie ou la Nouvelle Héloïse”, pubblicata nel 1761. La romantica cornice del Lago di Ginevra fa da sfondo all’intero scambio epistolare tra Julie e l’amante di sempre, Saint Preux.

Ma fu senza dubbio Lord Byron a dare al castello la sua fama internazionale. Durante il suo viaggio in Europa nel 1816, dopo il divorzio in Inghilterra, egli incontrò il poeta Shelley e la sua futura moglie Mary (famosa per aver dato vita al personaggio di Frankenstein) sulle rive del lago. Insieme visitarono il Chillon e appresero la storia di François Bonivard.

In un periodo di tensioni religiose tra la Ginevra riformata e la Casa cattolica di Savoia, François Bonivard, nato in Savoia ma residente nelle sue terre alla periferia di Ginevra, si convertì e difese l’autonomia di Ginevra. Fu arrestato e imprigionato nei sotterranei del Castello di Chillon per sei anni, finché non fu liberato dai bernesi, alleati di Ginevra, nel 1536.

Lord Byron, bloccato sotto la pioggia a Ouchy dopo la sua visita, scrisse una poesia ispirata a Bonivard. Nella poesia “Il prigioniero di Chillon”, egli racconta i pensieri e le lotte di un uomo solo intrappolato nel suo destino, una sorta di metafora della sua stessa vita. Fu l’inizio di un vero e proprio pellegrinaggio di artisti, primi fra tutti i Romantici.

L’incisione della firma di Lord Byron

Nella sua “Correspondance” del 1845, Flaubert raccontava di essere rimasto colpito dalla vista della firma di Lord Byron incisa su uno dei pilastri del passaggio sotterraneo del castello.

Victor Hugo, durante il suo viaggio in Svizzera, ricostruì la sua toccante visita a Chillon nel suo libro “Le Rhin”. La sua guida gli mostrò ancora una volta i sotterranei, dove scoprì con orrore un patibolo usato per condannare a morte i prigionieri, celle, prigioni e la tomba di uno dei primi Conti di Savoia, che ora conteneva solo il ricordo di quella famiglia. La stessa famiglia che aveva condannato la libertà di pensiero di Bonivard… Tra la visita vera e propria, le storie raccontate dalla guida e i messaggi filosofici da trasmettere, non sappiamo più quale sia la storia e quale la Storia. Ma nel 1839 anche Victor Hugo vide la firma ai piedi di un pilastro.

Autografo vero oppure falso? Per Alexandre Dumas era vero.

Così come Ruskin e Gogol, che si recarono alCcastello per incidere i loro accanto a quello di Byron. La letteratura del XIX secolo è impazzita per questo segno nella pietra: anche Dickens, Twain e Tolstoj lo citano.

E secondo alcuni critici, come lo svizzero Ernest Giddey, furono i custodi del Castello a incidere il nome di Byron, il primo turista famoso a visitarlo per attirare le folle.

La firma di Lord Byron al Castello di Chillon (fonte: Wikipedia Commons, Hartmut Riehm, CC BY-SA 3.0)

Il Castello di Chillon tra dipinti… e cartoni animati

Ha dipinto i più bei siti storici delle Alpi, perciò William Turner si prese ovviamente il tempo di ritrarre il Castello di Chillon nel 1809. Il pittore romantico lo raffigura dalla riva, con i Dents du Midi innevati come sfondo, le signore con l’ombrellino che si preparano per un picnic o che aspettano i loro uomini, che sembrano accostarsi in barca. L’atmosfera è nebulosa, ma gli elementi sono riconoscibili.

Gustave Courbet, invece, meno romantico e più realista, rappresentò il Castello più di venti volte tra il 1873 e il 1876. Il suo dipinto “Chillon visto da lontano” riprende la stessa prospettiva di Turner, ma le sagome delle montagne sono un po’ lontane dalla precisione dell’inglese. La precisione fotografica è invece presente nel “Castello di Chillon”, che sembra una cartolina che si può trovare oggi nel negozio di monumenti.

D’altra parte, è sorprendente che in questa serie di dipinti non si trovino vedute dell’edificio dal lago. Oggi qualsiasi visitatore moderno può farlo, grazie ai battelli della CGN che fanno la spola tra Montreux e Villeneuve, fermandosi al molo di Chillon.

Infine, passiamo al periodo contemporaneo. Se nel 1976 Dalì ha lasciato un disegno del suo Don Chisciotte in versione più regale nel libro dei visitatori del Castello, è al mondo immaginario delle fiabe e dei cartoni animati che viene affidato l’onore di concludere questa sezione.

La statua di Andersen si trova a Villeneuve, a pochi chilometri da Chillon poiché il narratore danese amava recarsi sulle rive del Lago di Ginevra. Fu ispirato da un isolotto per scrivere “La Vergine dei ghiacci”. Nel 1833 soggiornò a Chillon. Non si sa se altri racconti siano stati basati sul Castello di Chillon, ma gli illustratori di Walt Disney lo utilizzarono come base per illustrare uno dei suoi racconti, “La Sirenetta”. 

Visitare il Castello di Chillon

Ad eccezione di Natale e Capodanno, il Castello è aperto tutto l’anno, dalla mattina alla sera. Si trova a meno di 4 chilometri da Montreux ed è una bella passeggiata lungo il “Chemin fleuri” (“Cammino fiorito”), incastonato tra il lago e i vigneti.

È raggiungibile anche in treno, dalla stazione di Veytaux-Chillon, a cinque minuti a piedi dall’ingresso, o in barca, dal molo del Castello. L’accesso in auto è sconsigliato, poiché il parcheggio si affolla rapidamente.

In loco, l’acquisto di un biglietto consente di visitare l’intero monumento: decine di stanze, cortili, collezioni di mobili, armi e armature. Imperdibile anche l’occasione di salire in cima al mastio, che sovrasta di 25 metri l’intera struttura. E i più curiosi rimarranno stupiti dall’ingegnosità delle famose latrine e delle sedie forate privatizzate ad uso dei signori. Si può anche degustare e partire con il vino prodotto in loco e imbottigliato, il Clos de Chillon, un vino della famosa denominazione Lavaux.

Il Castello di Chillon è sopravvissuto ai secoli adattandosi alla storia della regione alpina. Inizialmente di proprietà dei Savoia, fu gradualmente abbandonato a favore del Castello di Ripaille. Poi, occupato dai bernesi, fu lasciato per un luogo più adatto alla vita dei balivi di Vevey. Conquistato infine dai vodesi, beneficiò della mania del turismo e del Romanticismo nel XIX secolo per beneficiare di un’attenzione particolare nei progetti di restauro.

Un restauro riuscito per un sito imperdibile sulle rive del Lago di Ginevra, tanto da divenire il monumento più visitato della Svizzera, con oltre 400 mila turisti all’anno che vi si recano.

Il Castello di Chillon (fonte: Wikipedia Commons, Zacharie Grossen, CC BY-SA 3.0)

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Italo-francese di nascita, abituato fin da piccolo a varcare i confini e a scoprire la cultura alpina comune tra i vari Paesi, ho deciso di dedicare la mia attività professionale alla mia passione per le Alpi. Sono redattore, copywriter e consulente per il turismo e l'outdoor. Faccio molto sport, mi piace leggere, scrivere e viaggiare e ho sempre con me una macchina fotografica!

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