Le elezioni regionali 2025 in Valle d’Aosta hanno confermato il ruolo centrale delle forze autonomiste, in particolare dell’Union Valdôtaine, con un senso della politica legato alle comunità e ai risultati concreti, dopo almeno vent’anni di conflitti.
D’altra parte, hanno mostrato la difficoltà dei partiti nazionali di destra nel capire la Valle stessa, con un posizonamento che è stato un vero errore politico. Infine, le elezioni hanno mostrato i danni (e i vantaggi) delle frammentazioni politiche, anche piccole, come si sono viste a sinistra-sinistra.
La mancata spallata dei partiti nazionali di destra
La campagna elettorale per elezioni 2025 in Valle d’Aosta, con relativa sorpresa, ha visto i tre partiti di destra nazionale (Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega Salvini), proporsi come alternativa diretta al governo delle forze autonomiste.
Amplificata nella comunicazione nazionale e locale, la campagna a destra si è svolta con decisione e impegno, e comizi anche nelle località di montagna. Sono stati coinvolti come candidati figure valdostane, anche patoisantes. Forza Italia si è unita al movimento aostano di Renaissance (che ha cambiato nome da Rinascimento), il ministro e vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani ha parlato anche in francese davanti ai sostenitori. Da un lato, il messaggio è stato quindi: vi coinvolgiamo, in un rapporto però diretto (e verticale) con Roma, come abbiamo fatto per costruire le liste elettorali.
Dall’altro, il posizionamento è stato di scontro frontale: è stato fatto arrivare Roberto Vannacci, che fa l’elogio dell’unità militare integrata nella Repubblica di Salò, la X Mas (Decima Mas), nella città che ha la piazza intitolata a Émile Chanoux, ammazzato proprio dai fascisti. La presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni (ed è la prima volta nella storia della Repubblica) si è esposta in un video a proporre l’elezione diretta del presidente della Regione (su una competenza che è regionale valdostana) e a criticare l’instabilità politica.
La Valle è difficile da capire dall’esterno
Il risultato è stato che le tre forze insieme hanno raccolto il 30% dei voti, sotto le aspettative: e dunque la spallata non c’è stata. Inoltre, per la dura posizione di attacco assunta, hanno già configurato la maggioranza regionale, che avrà la stessa natura di quello uscente – con il Partito democratico (circa 8%). Sono ora un soggetto con cui rimane difficile parlare, almeno per un po’.
Infine, ciò che è peggio, non hanno inteso che la Valle ha sempre mantenuto una capacità di governo, anche durante le fasi di conflitto degli anni passati. Di recente le ha superate, affermando una stabilità politica. Ha ricostruito la strada di Cogne dopo l’alluvione del 29 e 30 giugno 2024 in poco più di venti giorni, e malgrado il governo nazionale, che proponeva di portare i turisti in elicottero.
Quell’operazione fu un esempio (insieme ad altri) di capacità di governo anche nell’emergenza non solo dell’amministrazione regionale, ma di un funzionamento collettivo, fatto di Comuni, di imprese, di cittadini e di ente Regione. Tutt’altro dunque che instabilità di governo, con ruoli riconosciuti (presidenti, assessori, sindaci, maggioranze politiche e collaborazioni con l’opposizione) e senza leader maximo. Semmai, si è osservato in Valle, le parti dell’azione pubblica in carico dello Stato sono lente: chiusura autunnale e mancato raddoppio del traforo del Monte Bianco rispetto a quello del Fréjus, rifacimento della ferrovia interamente chiusa per tre anni e non per singole parti, bloccando l’intero trasporto su ferro.
La réunion e il ritorno della calma
Con la réunion dell’Union Valdôtaine del 16 giugno 2024, è stato superato un ventennale periodo di crisi politica, con la frammentazione delle forze autonomiste, anche se con un funzionamento sostanzialmente ordinato dell’amministrazione e dell’azione pubblica regionale.
Il clima mostra che la réunion ha un potenziale di consenso ancora più ampio di quello già notevole raccolto in queste elezioni: 32% all’Union Valdôtaine, a cui si aggiunge il 14% degli Autonomisti di Centro, per un totale del 46% dei consensi. La calma politica ha permesso anche il ritorno alle tre preferenze, e malgrado un referendum. Con queste elezioni, si è percepito un voto di libertà, alcune delle figure più note non sono state elette o comunque superate da altre nuove: tra gli esclusi, il più noto è Luciano Caveri, già parlamentare europeo, nazionale, ed ex presidente della Regione.
In Consiglio Valle ci saranno ora sette donne, diverse figure arrivano dalle esperienze amministrative comunali, dove hanno raccolto apprezzamenti. Il risultato personale del presidente della Regione uscente, Renzo Testolin, ma anche di altri, tra cui l’assessore Davide Sapinet, o Marco Carrel (e ve ne sono ancora) viene proprio dal metodo – calmo, di ascolto, di comunità – unito alla capacità di governo.
È una affermazione di autonomia, di governo in Valle d’Aosta, senza tanto dirlo, anche se bisogna discutere e se si sbaglia. Per questo, e malgrado faccia ancora un po’ di rumore nei media, il populismo o il nervosismo politico in Valle d’Aosta, per quanto fosse già limitato, sembra essere in gran parte passato.
La frammentazione della sinistra-sinistra
Vale come regola generale, ma la frammentazione delle forze, anche piccole, porta con sé delle conseguenze. I partiti e movimenti di sinistra-sinistra hanno raccolto in tutto il 16% dei voti, che è moltissimo. Tuttavia, due dei tre partiti non hanno superato la soglia minima del metodo di calcolo d’Hondt (5,71%): Valle d’Aosta Futura (4,64%) e Valle d’Aosta Aperta (5,56%).
Le posizioni delle tre forze erano fortemente contrapposte: per natura politica in Valle d’Aosta Futura (con elementi nuovi e di protesta, anche autonomista, e tendenze no vax) e di scissione tra Valle d’Aosta Aperta (5,56%) e Alleanza Verdi Sinistra (6,32%).
Queste ultime due erano una sola forza in Consiglio regionale, ma le due consigliere, Erika Guichardaz e Chiara Minelli, avevano assunto posizioni diverse su alcuni dei temi, per esempio proprio sulle tre preferenze. È passata solo Alleanza Verdi Sinistra, che ha avuto non solo due, ma tre consiglieri, grazie ai resti.
Qualcosa di più rispetto a prima, ma un 16% complessivo poteva portare forse il doppio di rappresentanti eletti. A guardare il problema dall’altro lato e dal basso – senza quindi guardare avanti – Alleanza Verdi Sinistra ha ora la sola voce in Consiglio regionale, e gli altri sono fuori.
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